martedì 20 dicembre 2011

Perduto

Perduto
contatto
non c'è più
scintilla
scivola giù
il corpo lento
dal mondo.
Ma come fa
così contorto
a scivolare eppure?
Grumi e bozzi
marciscenti
sensibilmente
si strusciano
sul brutto mondo
cattivo ruvido.
Mesce il dolore
l'acido, con la corrosione
brindo
alla levigatezza
dentro, infelice
esposta sensibilmente.

domenica 18 dicembre 2011

Un immenso.

                                                                                                                               Questo è stato l'inizio.

Un immenso
dolore.

Fra i passi
percuote
sibilio del
respiro incerto
il mancato terreno
per l'anima.

Socchiudere le palpebre
non pensare
al domani inviluppato
del colore pieno
del silenzio
sensazionale.

Come una piccola
cozza
depura il cristallo
del mare
nel petto un immenso
dolore
catalizzatore blu.

sabato 3 dicembre 2011

Non così forte.

Non così forte - meglio
mente mia agitata
placati!

Alle stelle inchinati
insolente e implacabile
alle stelle tendi

ma non così forte - più piano
aprimi le labbra
in un bacio annoiato
e nel conforto dell'abbraccio
le dita distendimi.

Abbi pietà e placati!
C'è un incendio misterioso
fra nuca e collo
che mi tormenta notte e giorno
e il cuore ha puntato
contro te l'indice d'accusa.

Tanto TU non ti perdi mai
e la frescura dell'abbandono
non conosci - almeno placati,
non così forte - lasciami
amare.

giovedì 1 dicembre 2011

Se fossi un puma

Se fossi un puma

non mi laverei mai le zanne perchè penserei che sarebbe molto, molto stupido

sarei molto intelligente

non avrei amici perchè mi riuscirebbe estremamente difficile ricordarmi dei loro compleanni

farei l'amore per voglia e non per orgoglio

mi basterebbe poco per essere me stessa

sarei felice di esserlo (un puma)

non saprei cosa sia la paura - non saprei nemmeno il suo nome

AMEREI Alain Delon (per empatia profonda)

non indosserei un orologio neanche se sapessi consultarlo

dormirei solo sugli alberi, sempre

mi piacerebbero poco i frutti, perchè hanno forme strane e imprevedibili

sentirei l'arrivo della notte

non guarderei all'aspetto esteriore delle cose

avrei freddo poche volte nella mia vita

la mia musica sarebbe la leggerezza dei miei passi

non andrei a scuola - se non per fame

mi sporcherei spesso e volentieri

non conoscerei la noia

proverei odio, OPPURE amore

sarei rispettata per quello che sono

non avrei mai letto un libro - i puma non sanno leggere altro che la posizione delle stelle - e per
orientarsi: non fanno gli oroscopi

osservando il mio corpo, ne apprezzerei il colore, la flessuosità, tutto l'aspetto

qualora mi innamorassi, lo farei per davvero, non per disperazione e/o interesse

il suono della mia tosse mi farebbe ridere tantissimo

detto fra noi, non mi depilerei - tipo mai

il ricordo dei miei genitori sbiadirebbe in fretta dalla mia mente - forse hanno cercato di mangiarmi)

mi farei male poche volte, perchè il mio istinto e la mia prudenza me lo impedirebbero

sabato 26 novembre 2011

Folla nella mente

Folla nella mente
- follia! - perdono,
lo so che sono
matti pensieri
nel cervello come turba
- turba mento! - ecco
di nuovo ho sbagliato

quanto insondabile
sia il sentiero
calpestato dal pensiero
da un estremo all'altro
della testa dolente
non capisco
e sempre mi confondo
- affondo, questo
volevo dire
e senza possibilità di ritorno

eppure se ripiego
sul non corpo
di quel pensiero
sento solo
il berciare di una moltitudine
distante, dall'altra parte
- irraggiungibile!

martedì 22 novembre 2011

Autunno.

Termine
il sentiero delle volpi
trova nel giallo scuro d'autunno.
Fremono aguzze
le superstiti foglie
a vedersi indagate
da sotto in su
tremanti.
"Non immaginavo
che esistesse la fine"
zampe incerte
rimbombano fra sussurri
aguzzi

e fulva coda
racchiude in un cerchio perfetto
frammenti - singhiozzi d'angoscia.

domenica 20 novembre 2011

Estratti - Melodie.

Mi sono sentita canticchiare la notte a bocca chiusa, e usciva solo un quieto mugolio abbastanza intonato da poter essere scambiato per melodia.

[...]
L'altra sera ho incontrato una ragazza bionda con il taglio alla Carla Bruni e gli occhi che dicevano "Qualcuno mi ha detto, qualcuno mi ha detto" ma questo qualcuno si era dimenticato di dirle come arrivare a casa.
Solo io sapevo che era vicino a dove dovevo andare, e con quattro gambe ci avremmo messo meno tempo, ho pensato.
Ho anche cercato di limitare al massimo le risate da nervosismo così che ci davamo il cambio, e non è mai caduto il silenzio.
Sotto la luce dei lampioni la sua camicia azzurra sembrava il mare ligure in una notte estiva, e le sue dita erano barche a vela che accarezzavano le onde per lisciarle.

[...]
Credo che i peli delle braccia siano una delle invenzioni più riuscite del creato intero.
La sottile arte dietro al numero preciso, la collocazione a distanze perfettamente casuali, i riflessi prontissimi nello scattare in su al minimo stimolo, i riflessi che s'incastrano quando colpisce un' ondata di sole, quanti riflessi, quanti riflessi.

[...]
Tutto il mondo è in rivolta.
I gatti conquisteranno gli alberi, e gli alberi vinceranno le motoseghe, i bambini spaventeranno l'uomo nero e i corvi mangeranno il cappello di paglia dello spaventapasseri, i vecchi gireranno in mongolfiera mentre tutte le gelaterie si tingeranno di nero e chiuderanno a luglio, i cavallerizzi non si daranno più all'ippica e ogni madre deciderà di prendersi una vacanza per starsene un po' per i cazzi propri.
Il mio cuore diventerà grande come una casa, ma senza finestre, così avrò tutto lo spazio per muovermi e non avere più paura, come tutti gli altri.

[...]
Ti amo da spogliarmi in mezzo alla strada senza dire una parola, e vorrei dirtelo in sette inflessioni diverse di mugolio.

martedì 15 novembre 2011

Svaniamo.

Svaniamo. L'uno sul petto dell'altro
non più ci troviamo
e tintinnii cristallini
- con la punta delle dita cerchiamo

Sembravamo eppure..
più carne sulle vuote ossa
il sentimento generava
- noi pure stupefatti
carezzavamo le distese dei sensi
che infinite si sporgevano
da costola a costola comparendo

e fieri stavamo, allacciati
dentro a un vuoto il sentimento
rovesciavamo, incrollabile sostegno,
per noi che afferrarci potevamo
- senza udire null'altro che sospiri..

Come avviene che ci trasformiamo?
meglio - ch'è perduta ogni forma
sostanza carne?
Noi amiamo
Ed è perduta ogni sembianza
affondata fra gli incavi
di altri muscoli e fianchi
- ma siamo, e sappiamo
di essere la materia rovesciata
di una distesa di sensi

Poi, svaniamo.
E di noi rimane
un' eco tintinnante, unghie spaventate
e, distante, qualche sospiro
quasi una mano si perdesse
nella carezza sul petto.

giovedì 3 novembre 2011

Brulichii di respiri

Brulichii di respiri
intrecciandosi le dita
come ghirlande al collo
di un fauno pensieroso
Volevomi - mi volevo
più silenziosa, ecco
e invece borbottavano
le spire dell'anima
nell'autunno della mente
quando cade il pensiero
fisso come un quadro
impressionista e illimitato
sul prato verdarancione
dell'inconsistenza d'essere
o sulla noia gialla
Volevomi - mi volevo
più pensierosa
quando mi sembravo
scivolare cadere all'indietro
nelle braccia del molteplice nulla.

domenica 16 ottobre 2011

Quanti di voi credono dunque nella Magia?

Il Folletto è vestito con lacere vesti di inconsulti colori
e grida e danza con la Pazzia a tirargli i capelli.


Mi porgo a voi
come lieto folletto
e vi pongo poi
l'astuto trabocchetto:
Quanti di voi ammirano
gli scherzi incantati del Mago
e serrano il palmo invano
per carpire un segreto vago?
Quanti di voi credono
non nel Concreto sia il Vero
e se folli ed illusi li dicono
ridono e chiedon: "Davvero?"
In alto le mani, scopritevi il petto!
Fieri urlate: "Son io, son io!"
Per voi sono il lieto folletto
a quegli innocenti è gioioso l'addio

Il Folletto si fa serio e si ricompone, passandosi una mano fra i capelli.
Pare pacatamente eccitato.


Amici, compagni, miei simili belli
perdono vi chiedo
per questi inutili orpelli
e tra voi (pochi!) mi siedo.

A voi (pochi!) rivelo l'arcano:
presentare vi voglio il Mago!
egli vi attende in buia stanzetta
andiamo, in fretta!
freme e vi vuole svelare
(solo a voi, compagnia ideale!)
il vago segreto del Concreto, del Vero
solo per oggi obliare
il suo, il mio, il vostro Credo..

Il Mago siede al buio, ad una scrivania fiocamente illuminata da una lampada a petrolio.
Il suo sguardo è penetrante nell'oscurità, e nel suo volto incavato si legge una grande agitazione.


Ho levato il trucco
ecco. Questo è il mio viso.
E controllate le mani, avanti!
son vuote e screpolate.
Mi riconoscete lo stesso?
Sono il Mago, già
come fui e sarò:
l'Oggi mai lascia tracce.

Tante volte voi (pochi!) eravate
di fronte a me, come oggi, così
ed a ogni mio gesto voi tremavate
e con respiro spezzato e trattenuto
attendavate solo ch'io vi facessi Credere..

La vostra vita non l'ha fatto;
non v'ha convinto com'ero solito io

che ci fosse dell'Altro
- inevitabile Altro!-
dal dolore e dalla sofferenza

che il Vero a voi si celasse
ed io l'avessi catturato
col trucco, il cilindro
facendolo poi librare in improvvisa colomba

che il Vero io vi sussurrassi
e voi vi prostravate
a orecchie tese
imploranti e fiduciosi..

La voce del Mago si spezza.

Ecco io avevo un Sogno
nel cassetto nero
che certe notti sobbalzava
e sbatteva nel comodino
secco e terribile
ma mai l'ho voluto sognare..
Fintanto che stava rinchiuso
non ero simile vostro
o meglio, lo ero: credevo!
e certe notti ridevo, ridevo..

La voce del Mago si fa terribile e seria all'improvviso.

Il Vero è morto in un vicolo
e giace sotto le sottane
di una vecchia puttana sfatta
che gioca coi capelli luridi
e urla quando sente fra essi
estranea mano che tira.

La Pazzia tormenta la carogna del Vero
danzandoci sopra e pisciando
sul muro dove poggiano i vostri figli
sconvolti dalla Morte del Vero.

Il Sogno è Concreto
e compone la vostra mente
- la nostra - siamo dannati
come loro, più di loro,
e più ancora i nostri figli
che non posson nemmeno morire!

Il Mago stravolto dal terrore si alza e rovesciando la sedia
batte i piedi a terra mentre si allontana, e urla, e urla

I Sogni, il Credo, il Vero!
Cos'ho fatto, cosa sono
costretto a fare
vedendo con questi occhi
spalancati e lucidi occhi
Che volete da me adesso?
Non può non esser bastato
tutto questo Sogno, questo Credo, questo Vero!

Cala il silenzio e la compagnia riunita di illusi sta immobile ed agghiacciata, tutta protesa verso le ultime gride del Mago.
Alcuni hanno lacrime sulle guance, altri si toccano i capelli, come a controllare..
Da lontano ancora si odono suoni di sonaglio e l'acuta voce del Folletto che annuncia:


Quanti di voi credono dunque nella Magia?

sabato 15 ottobre 2011

Mi sento prudere l'anima

Mi sento prudere l'anima
ma non abbastanza
da starnutire una bella poesia.

Sarà che amo gli assenti
che adesso sono ovunque
- ancor più se hanno
i calzini tirati fino al polpaccio
e le scarpe a punta col tacco.

Li amo tanto perchè sono assenti
quanto più POSSONO e io NO
e la loro NON presenza è piena di
NO   NO   NO   NO   NO
come battono i tacchi sul pavimento
che segue una prospettiva perfetta
tenendoli lontani, gli assenti.

Sarà che li amo,
ma adesso SONO ovunque
e quando gli assenti SONO
io mi sento prudere l'anima
ma non abbastanza da starnutire
una bella poesia
NO   NO   NO   NO   NO.

mercoledì 12 ottobre 2011

Baciandomi

Baciandomi
dovresti sentire un gran dolore
- da labbro a labbro
sentendomi

sulla bocca invece
si spargono fiori
- a fior di labbra
morire di me.

sabato 8 ottobre 2011

8 Ottobre.

Il pavimento era blu e di gomma, le pareti proseguivano nel blu e dopo un breve stacco beige terminavano in un classico bianco ospedaliero.
La luce era gialla, gialla nel verso senso del termine, e sebbene fosse primo pomeriggio avevo la sensazione che fuori fosse notta fonda, e che io e le altre dieci persone sedute tutte in modo scomposto fossimo dei rifugiati molto tristi.

La cosa strana è stata sentire il mio più equilibrato umore mutare subitaneamente dopo cinque minuti in quella stanza. Dopo due ore, non sentivo più niente.
Ero come annichilita sul posto ad attendere lo scorrere del tempo, che sembrava di una pigrizia incontenibile.
Ho provato a leggere, e dopo poco ho messo via quasi con disgusto il libro, con un sentimento di inedia e sgradevole agitazione nel petto.

Il personale mi ricordava un ammasso di formiche impigrite dall'estate che proseguivano sul loro moto rettilineo uniforme verso le varie occupazioni; il dottore una cicala interessata con due grandi baffi al posto di un più umano sorriso mi ha posto delle domande appositamente rivolte per ottenere un' unica parola di risposta.
Toccandomi il ginocchio, mi fece sentire tutt'altro da esso, come se stesse toccando dinanzi a me qualcosa di mia proprietà da cui mi giungevano lentissimi echi di dolore.
Nessuno è stato cattivo con me, anzi. Semplicemente c'era la più ferma consapevolezza di essere lì per eseguire un dovere da me richiesto, per dare un' assistenza più che mai efficiente alla mia richiesta.

Una piacevole eccitazione mi pervase all'idea di allontanarmi dall'ambulatorio per spostarmi nel laboratorio dove eseguire la lastra. L'unica cosa che desideravo era spostarmi da lì, dovunque ma non lì, dov'ero stata ore a guardare lo stesso punto negli stessi volti, senza riuscire a pensare a nulla, senza sentire assolutamente niente se non sgradevoli percezioni.

Fatta la lastra, mi è stato chiesto di attendere fuori dalla porta del laboratorio.
Riuscivo a non sprofondare nello stato di prima unicamente perchè c'era un abissale silenzio ed ero davvero sola.
Ma dopo poco arrivarono due infermieri trasportando una barella, e prima di andarsene via in fretta la posizionarono esattattamente di fronte a me.
Sopra c'era un uomo che poteva avere la stessa età di mio padre. Aveva un grosso taglio sulla fronte e una fasciatura che gli circondava la nuca. Stava steso immobile a fissare davanti a sè.
Eravamo in due nel più completo silenzio.
Dopo poco, lentamente, lui spostò gli occhi sul mio viso, e lì li fermò.
Il suo sguardo era grigio e pieno, intenso, completamente abbandonato sul mio volto, aggrappato, come se dipendesse dai miei lineamenti.
E nel più completo silenzio due lacrime si formarono al bordo di quegli occhi e inesorabili scesero solcando le guance.
Faticavo moltissimo a sostenere lo sguardo, non sapevo cosa fare. Mi sentivo proiettata verso lo sguardo di quell'uomo, volevo capirlo, dire qualcosa, fare qualcosa, comunicargli qualcosa, mi sentivo malissimo.
Dopo quello che mi sembrò tantissimo tempo lo portarono via, e lui mi fissava ancora mentre veniva trasportato nel laboratorio.

Quando sono tornata su tutto il tempo sembrava improvvisamente accelerato.
Non riuscivo a smettere di pensare a quell'uomo, e a chiedermi perchè si fosse messo a piangere.
Ho chiesto a mio padre di venire a prendermi, e alla sua domanda su come mi sentissi, ho provato a chiedere il suo parere sulla scena. Mi ha risposto: "Forse anche lui ha una figlia che è stata male".
Ho chiamato la mia migliore amica per rassicurarla e mentre le raccontavo l'accaduto, piangevo impercettibilmente.

martedì 4 ottobre 2011

Come un' alba

A M.T. e la sua delicata sensatezza.

Come un' alba
voglio morire
almeno provarci.

Se poi su me stessa
ripiegando non troverò
la luce che cercavo

perlomeno con le dita
bianco e rosa lascerò
sul tuo petto
contratto nell'addio.

Su te stesso ripiegando
m'affogava il grande buio
cieco da ogni parte

e cerco in profondità
la vita più stretta
vorrei soffocarne
così almeno provarci

voglio un' alba
per morire.

domenica 2 ottobre 2011

Ci sommerga la pioggia di fuoco

Ci sommerga la pioggia di fuoco
e gemiti gonfino l'aria
trasudi la stella di sangue
e il cielo s'accartocci in fiamme

noi accettiamo il prezzo da pagare
per essere nati avvolti dai sensi

e ovunque volgiamo lo sguardo
ci giunge un languore tremendo
e pare quasi di sprofondare
fra le carni d'un cupo abisso

quando suona l'ora del dolore
noi leviamo lo sguardo in fervida attesa

Mangiaci, demone, mangiaci!
fintanto che a stento si reggono i polsi
che spingono il mondo
ancora, più in là

sbrana per prime Memoria e Coscienza
perchè noi non meritavamo tutto questo.

martedì 27 settembre 2011

Qualcuno ha disegnato una rondine

Qualcuno ha disegnato una rondine
in cima al cono a rovescio
e l'ha chiamato cuore.

Si voleva così insomma
dimostrare che non esiste nulla
di sensazionale.

domenica 25 settembre 2011

Quanto il felice dal sereno

Quanto il felice dal sereno
ed il pacato dal timoroso
tanto l'amante dista dall'amato
che in quieta rassegnazione
avvolge un' aurora più lieta

Lieve al pari di un sogno
trascorre un' incantata esistenza
dove gli occhi sono colmi
d' immortalità

e disfa ad ogni passo
un frammento del mondo
immobile nel sorgere di eterna
vita immutabile.

Quanto il confuso dal folle
ed il disperso dal morto
tanto l'amante dista dall'amto
che un sottile tempo e congelato spazio
tiene sospeso in imperitura aurora.

mercoledì 21 settembre 2011

Pura retorica.

La nudità s'improvvisa
negli incavi dei muscoli
fra ondeggianti vesti notturne -
riflessi dello sguardo confuso

e si tinge di etereo colore
la nullità dell'esistenza umana
cangiante

Perchè disperderla al mattino
per noia, per nullafacenza?
Perchè provocarla in uno sbadiglio
o stiracchiandosi tenderla di troppo?

Raccoglila nelle dita
in un pugno, come sabbia
trema all'idea di condividerla:
perchè?

Uomo empio,
tu vuoi carezzare la vita.

giovedì 15 settembre 2011

Questa è per gli amanti che scappano correndo.

Gli amanti
che scappano correndo
lasciano scie di luccicanza
dietro sè.

In un intero nuovo mondo
ricostruiscono le stesse cose
perfette e avvelenate

se si dorme sotto il tronco
di quell'albero laggiù
il trono della noncuranza
sulla testa gocciola
il fiele della luccicanza

guarda gli amanti
che rotolano nell'erba
freschi e riposati
come sono luccicanti!

se si guardano i loro begli occhi
quando abbassando le ciglia si cercano
nei polmoni si insinua
l'ebbrezza della luccicanza

guarda gli amanti
che si siedono nell'ombra
crucciati e mossi
come sono luccicanti!

se si sfiorano gli statuari corpi
quando lesti si rubano le vesti
sui soli polpastrelli s'incide
l'impronta della luccicanza

guarda gli amanti
che non si toccano
soffocanti e rabbiosi
come sono luccicanti!

e gli amanti
che scappano correndo

quando ancora scappando scrollano
le nuche meste
quando ancora scappando sbattono
le palpebre incredule
quando ancora scappando sfiorano
più volte gli squarci fra le vesti della pelle

lasciano scie di luccicanza
dietro di sè

ma scappano sempre insieme.

martedì 13 settembre 2011

Estratti - Allegro barbaro.

Gagliardo, un ipotetico Yawp si arrotola sulla lingua.

I quadricipiti scottanti che le gocce di sudore non riescono a placare, dissetare, il corpo che si secca lentamente, grinzoso, come una prugna abbandonata nella dispensa prima dell'estate.
Mangiatemi, mangiatemi vi prego.

Sedie rotte con un inutile bracciolo, non mi abbracciassero tutti così, con due braccia finte attaccate appena distanti dai ventri freddi!, e io dove scrivo? Se non mi appoggio, scrivo male, tutto storto, arrampicato, disperso e frammentario, poi i pensieri cominciano a correre, e chi mi ferma più.

La contraddizione nel voler riflettere sul perchè ci si possa sentire un nulla.
La filosofia che comincia a porsi domande imbarazzanti, da salotto di provincia sfacciatamente imborghesito, grasso colante, e Cartesio non aveva capito che se pensa, è perchè NON è, non ancora, Descartes, come si pronuncia il tuo nome?, non ancora.

Quel maledetto locale nella via che di notte bercia e apre le porte rendendosi accessibile da ogni lato, come la casa di una prostituta, e ci devo passare sempre, anche se non voglio. Ma di notte, di sera, all'ora dell' "happy hour", l'ora felice delle creaturine miserevoli..

Patrizia mia che dicevi di Leopardi, il Giacomino, lo sputtanatore della luna, è per gli adolescenti segaioli, con l'acne che dà loro depressioni, che adorano se stessi, i pelandroni, lo dicevi sottovoce, quasi per non farsi sentire..

Gagliardo, gagliardo, l'ipotetico YAWP si annuncia bisbigliando.

sabato 10 settembre 2011

Passione - Specchi.

Freme la pelle
e nel petto si erge
uno specchio, ed un altro
poi ancora, ed ancora
- chi osa infrangerli?

Li sento nel petto
riflettere ancora
l'un l'altro riflettere
il vuoto, il vuoto

e a che serve bramare
le schegge taglienti
a che serve rimpiangere
il sangue versato con lacrime

Sento nel petto
infrangersi una visione terribile
e non oso riflettere..

venerdì 9 settembre 2011

Κοριτσάκι Μου - La mia bimba

Con semplicità
la bella bimba bionda
scende le scale
in una danza

senza respirare.

Si unisce al passo
la vocina intonata

con molta cautela
scavalca il corpo morto
steso dell' Ideale

senza inciampare.

Intonato un inno greco
sorge dalle scale

Dove va la mia bimba dove

Con semplicità
lui solleva la bella bimba bionda
fra le braccia

evitano l' Ideale
tornando in cima alle scale
su

Con semplicità
la porta di una stanza luminosa
si chiude alle loro spalle

un corpo morto d'Ideale
rimane steso sulle scale
un inno greco
s' inciampa e tace

con semplicità.

lunedì 5 settembre 2011

Riflessioni sulla passione.

Si eleva distante
una languida rocca
nell'autunno cupido
vibrano sanguigne memorie.

Scorgendo a distanza
pure giungono gli echi
come miagolii di gatti
che squarciano tendaggi

Echi appassionati, furiosi
folli e malati
e vivi

Una freccia assume senso
nel momento in cui trafigge l'obiettivo
una piuma, un uccello ugualmente si notano
spersi sulla superficie di un grande lago
quando ne provocano il movimento
e solo allora, solo allora

così il sangue, la vita, la dolce follia,
tutte hanno un maestoso corpo
dall'universale significato
solo allora, solo dacchè esso torna al suolo
in terribile fragore distante

ed è la rocca delle urla
di quelli che muoiono di vita!

domenica 4 settembre 2011

Estratti - Svoglia, ritrovamento di ottobre (sempre quello scorso)

Fumo
distorco la faccia
e mi brucio tre capelli
Loro non sanno chi sei
canticchia la vocina.
Amici miei
si avvicinano timorosi
o delusi si allontanano.
Loro non sanno chi sei
canticchia la vocina.
Conto i minuti
sono pochi i battiti rimasti
la fine di una sentenza
Loro non sanno chi sei
canticchia la vocina
Gli uomini al bar
svogliati mi gettano
poca voglia rimasta
Loro non sanno chi sei

canticchia la vocina
Nel parco gli uccelli
mi evitano scostanti
non ho cibo da dare.
Loro non sanno chi sei
canticchia la vocina

Beh, inventati tu qualcosa
rispondo senza guardarla negli occhi.

Estratti - ritrovamento di ottobre, quello scorso.

Penso che sarebbe facile
innamorarmi di nuovo di te
-non so quanto sarebbe semplice il contrario
dal momento che ormai al mattino ho già la bocca
sporca d'inchiostro e la voce acuta e infantile
e il mio cuore è stracciato
com'era il tuo gusto favorito di gelato.
Tu non odiavi forse tutto questo?
Mi schiaffavi le unghie piccole nelle mani
e non stavamo attraversando la strada,
rubavi i libri che avevamo uguali
e ricopiavi le idee diverse.
Poi mi consolavi e mi facevi più bella
dicevi che ero l'unica persona al mondo
che avresti salvato dalla tua furia
e se ci penso
mi bruciano ancora le ciglia.

martedì 23 agosto 2011

Esortazioni di vario genere.

Scavalcali
sottometti anche loro

un posto solo c'era
al tavolo dei potenti
e tu saresti stato il tredicesimo
il primo fra tutti loro

anche il tramonto
si sottomette scavalcando
gli sbadigli del giorno

elèvati anche dalla luce
non si sprofonda nel buio.

sabato 20 agosto 2011

A che ti serve?

A che ti serve
posarti una mano sul petto
e scavare affondando
se hai estirpato le unghie alla radice?

a che ti serve
cercare lo spirito
se non hai imparato a usarlo?

domenica 14 agosto 2011

Viviamo, ed è il meglio così vivere.

Come capisco ora
il pianto dei neonati!
Che crudeltà è la vita
che bruciore il sangue nelle vene
ed è il rosso al tramonto, la morte
bacche speranzose sommerse dalla neve.

venerdì 12 agosto 2011

Ogni frammento
crollare
andando eppure a
fortificare
una nullità d'essere
laggiù, per terra.

lunedì 8 agosto 2011

Falene.

Nugolo
         mugolo
pipistrello
        inghiotte
mille falene
        le tue braccia
nella notte buia
        la caccia, la caccia.

venerdì 5 agosto 2011

Sharing.

Nocche scivolano
sotto la maglia
è il monito del
non dimenticare 
quant'è facile perdersi

ma ecco che la tua schiena
crocevia di sperduti
in un attimo diventa
ritrovo per disperati.

giovedì 4 agosto 2011

Gli occhi pieni di te.

Ad A.C.

Taglia la pietra
scagliala
è una guerra di dardi
fra te e il sole
e le rocce, incidile

il monte sgranato
è il campo di battaglia
di concentramento per i tuoi spiriti
non perdere il sentiero
precìpitati contro il sole

Taglia la pietra
scagliala
ecco, avevi la vittoria in pugno.

lunedì 1 agosto 2011

Più tardi, si sostituì un altro pensiero.

Se mi abbracci
mi divincolo.

Voglio divincolarmi
fino a sentire
le tue mani
toccare
ogni punto
del mio corpo
(assente se non ci sei)

Incomprensione.

Come la natura a estate
si scaglia contro di me
con la sua natura
selvaggia e celata

Mi fa rabbrividire
la spontaneità del mare
e la violenza delle fronde
mescolate dalle urla dei lupi

Nel tepore estivo
è impossibile indagare
un freddo che s'impone
non voluto, estraneo.

martedì 26 luglio 2011

I will never forget.

Ho sognato un bacio
l'ho sognato
ed è arrivata la foglia
sugli occhi, sul naso
a coprirmi
"Voglio solo aiutarti"
ha bisbigliato
sull'orecchio, a coprirmi
"Voglio solo aiutarti".

martedì 19 luglio 2011

"Mare" - Processo, ancora (non guardate me, è colpa di Kafka)

Ti alzi?
Ti sei stufato
degli schiaffi
di marina brezza?

La redenzione si sparge
salata sulle tue ciglia

guardati il polso sinistro
guardalo:
è forse bagnato?

Siediti
e china il bruno mento a terra:
non abbiamo ancora finito
con te.

lunedì 18 luglio 2011

"Mare" - Il vecchio.

Nella vecchia casa
venne il marinaio vecchio
a parlare al vuoto e alla polvere
di strane vecchie cose
rivoluzione potere libertà

Lui se n'è andato
resta uno scricchiolio.

domenica 17 luglio 2011

"Mare" - Processo.

Attendiamo il giudizio dell'onda
la condanna dell'onda
il processo infinito dell'onda

brindiamo alla giustizia del mare
con la spuma
sommersi dalla spuma
affogati nella spuma.

sabato 16 luglio 2011

"Mare" - Scherzo.

Vado dal mare
quando non c'è sole
così il mare chiama
chiama me ed il sole
infuriato
e quando arriva
- il sole, presto o tardi,
sempre arriva -
chiede a bruciapelle
"che c'è?"
allora il mare mi bisbiglia
all'orecchio
attraverso la conchiglia azzurra
e io rido
ed il sole, presto o tardi,
se ne va
infuriato.

giovedì 14 luglio 2011

Desiderio - immagine.

Tu  Il sole lecca quella goccia di sale
che mi scivola dal fianco
giù, nel fuoco dei sassi:
le tue  labbra del sole bruciano.

lunedì 11 luglio 2011

La ballata della soffitta (tributo ai Make Up)

Urlando la madre
sudata la vita
spezzate le anche
nacqui sul pavimento
polveroso della soffitta

e avevo tanti capelli
gialli cordoni ombelicali

Ballando e piangendo
agitata sul parquet
scappata zoppicando la madre
indossai un corpo
polverosa materia

e ballavo e piangevo
rosse caviglie agili

Conosciuta come i palmi
polverosa soffitta
consumato il parquet
strisciante materia
ho vissuto negli anni
solitaria materna vendetta
gialla importante materia

Cambiando le pareti
sciupate le tende
fuggita la luce diurna
nacqui un giorno
sul pavimento dove
significo ancora
che mi odiò la madre:
mai mi vide
piangere e ballare.

Spiaggia

Corpi nudi affaticati
grondanti sole da ogni poro
fra seni che s'accostano ai sassi
cadendo più stanchi.

Dei rivoli
tracciano i fianchi
delineano nell'ombra
il contorno di un solo senso:
la vista.

Una donna si alza
svetta
il faro alle sue spalle

Tutto punta ad est
vittorioso

domenica 26 giugno 2011

E' a notte.

E' a notte
che quel sentimento
lo sento
pesarmi sulla schiena
battere come un secco ramo
contro la finestra

lo vedi, amore?
lo senti?

Un albero mi sta
crescendo sulla schiena
fuori le voci
mi chiamano
chiamano me

e non è il vento, amore
non è il vento.

mercoledì 22 giugno 2011

Lei ha rinunciato alla vita.

Lei ha rinunciato alla vita.
Eppure non la giudico, poi che in passato l'ha veduta, l'ha toccata l'ha palpata.
L'ha goduta nelle sue fibre intesse saldamente, vi si è infiltrato nel fiore degli anni rimangiandosi le spine e torcendosi le dita nel rimpianto.

Dev'essere stato facile, dev'essere stato noioso.
In un certo senso, la capisco.

Ma lei ha rinunciato alla vita.
Avendomi insegnato la pluralità della natura umana, l'unitarietà dell'infinito molteplice e frammentario, il denominatore comune che ci rese Uomini dai tempi primordiali, da greci dei a contemporanei senzienti.

Lei ha rinunciato alla vita.
E ora sta sulla soglia ad attendere che batta ancora un solo fiebile colpo, uno solo ancora, non per aprire spalancare la porta, ma per continuare a gemere pietà languendo sulla moquette stantia, avvolto da petali marciti e spine spine conficcate ovunque.

Prima del nulla, del denominatore comune.

venerdì 17 giugno 2011

Ho incubato un sogno.

Le persone stupiscono
come neri pugni di neve
sul volto addormentato a inverno

ma si tende a loro
come si tende all'inafferabile fuoco bianco
la memoria
che ricopre come corteccia
ogni cosa e la sbiadisce

e poi ci si sveglia e si ama
all'improvviso.

Finiamola così.

Venivo coi primi minuti di

Schubert, Fantasia op 103 D940, a 4 mani

e i suoi caldi occhi infossati

che mi trascinavano giù con loro

negli abissi più cupi e violacei

del mio Io parzialmente e interamente suo.

Volevo morire in quei momenti

di estasi completa

stringendomi le mani al petto

e giocando coi miei piccoli capelli

intrecciati al sussurro

Quanta bellezza..

mercoledì 15 giugno 2011

82 anni ci sono voluti.

Quando la salutai, a malapena mi rispose, ed era tutta felice perchè il vicino, finito di dar da mangiare al pappagallo, era corso a ripararle la televisione: aveva solo rischiato di rimanere sola.
Disse che sono troppo magra, ma il pranzo me lo cucinò in fretta, e borbottando incessantemente: contro la sinistra, contro gli omosessuali, contro i neri, contro se stessa e le sue ossa, troppo deboli in proporzione alla carne.
Dopo averla salutata, io ancora non avevo detto una parola, e l'avevo lasciata dire masticando lentamente in silenzio.
Quando poi quel silenzio fu anche suo, allora si decise a parlare veramente.
Disse che non sono matta, come dice mia madre, ma sensibile, e come tutti i sensibili sono solo poco strana: ma l'importante era che non fossi amorfa (usò proprio questa parola).
E mi intimò di darle i pantaloni, chè li aveva notati benissimo quegli squarci dall'usura.
Io con le lacrime agli occhi la guardai rammendare a fatica, senza sorprendermi più di tanto che non ci fosse filo abbastanza resistente da tenere insieme i pulsanti slabbri delle nostre ferite da separazione inevitabile, dentro: ho rimpianto poco di essere stata lì in quel momento, ma resistitetti solo poche ore.
Mi faceva troppo male ripensare all'inseparabile infanzia che ci eravamo concesse tanto tempo fa.
E con i miei buoni pantaloni tutti ricuciti sono uscita sotto la pioggia, presso le rive, a ricercare quei giorni.

lunedì 13 giugno 2011

Locus amoenus.

Nei luoghi più celati
riposa il fogliame che brilla
di lucida rugiada blu.

Mi inoltro silenziosa
nel tuo nascosto silenzio.

Le previsioni danno tempesta
al mattino, ma sorge lenta
una nube rosa pallido.

Mi piego lentamente
al tuo coercitivo volere.


Fugge stridendo l'allodola
e s'arruffa il cipresso dorato
cadono dolci bacche sul petto scoperto.

Amami ora, se ti riesce.

sabato 11 giugno 2011

Scusate, sono di fretta ultimamente.

Dimmelo, svelto
quanto ancora devo correre?
Hanno bloccato il cronometro
e il mio tempo è già finito

ma urlano incitano
sciamano
tutt'attorno alle mie gambe rosse
scivolo nel sudore.

Sbigottita e lacrimando
mi son voltata a cercare te
la tua mano forte
per intrecciare i tendini
andare avanti

stai sopra a loro
avvolto dalla mia miopia
ma le tue labbra urlano incitano
"Quanto ancora devi correre !"

giovedì 9 giugno 2011

Pozzanghere.

Tombe per piedi
imprecisi o distratti
ed epitaffi di fango
sulle scarpe bianche

recitano:
ANCHE SE NON POTEVI
TI SEI LASCIATA CADERE
E NON ERA UN GIOCO
MA TUA SEMPLICE DISILLUSIONE.

sabato 4 giugno 2011

Politica.

Ragnatela gonfia
si tende fra le dita
pigra e lucida
come una pioggia estiva
- attesa.. pare che ogni cosa
sia rallentata aspettando
e lontano risplendono le mete
altro da sè

lucenti gemme incastonate
nella terribile corona del re tiranno
e siamo sudditi fedeli
che aspettano
come cani da guardia
per ragnatele tese.

martedì 31 maggio 2011

Buon viaggio.

I suoi capelli erano mare di grano
i suoi occhi gabbiani stridenti
in un' alba di tempesta.

sabato 28 maggio 2011

Parco Marinai D'Italia

Naufragio in mille
gocce e asfalto
lastricato umido scivoloso.

Cupo il cielo risplende
un lampo - un tuono
a ciascuno il suo
è giusto.

Gocce piegano le foglie
cadono strisciando scricchiolano.
Caldo estivo - mamme percorrono
sentieri lastricati umidi
e le passeggiate fra amanti.

La pietra scintilla come di diamante
bagnata da tempestiva tempesta
si erge la Casa e spalanca le braccia
è lì, è lì, e aspetta di avere

ma stringe poi il vuoto abbattuta
e nero risplende il soffitto di marmo
lampadario caduto, albero maestro spezzato.

Vento accarezza i mari di  pioggia
scostandoli freddo sfiora soffiando
vento-risacca, naufragio di mille
gli amanti un tempo qui furono.

Si nasconde sotto la pioggia il presagio
spartiacque del cielo cupo ma chiaro
in luce si scinde la fatale certezza

ci si avvia lentamente sui sentieri battuti
ora umidi lastricati scivolosi
naufraghi amanti marinai.

venerdì 27 maggio 2011

Giuouventou.

Come vecchi al mare
o bucce di mela sul davanzale
abbandonati si sta al sole
ad aspettare di seccare

si brancola senza un senso
senza un soldo per corrompere
quest'estate mai iniziata
e si è così finiti

appoggiati a un muro,
senza equilibrio.
Dimenticati per sempre.

o in stanze malsane
impregnate di fumo e gialle
coi frammenti d'infinito
da ricomporre distaccati

senza chiedersi il perchè.

giovedì 26 maggio 2011

All'amico senza tempo.

"Che begli occhi che hai!"
"Se li vuoi, te li vendo"
risposi sorridendo
all'amico nuovo e impertinente

Lui mi diede
la sua mano in contanti
serio serio.

E col petto che s'alzava
e s'abbassava svelto
in un corto respiro
ci intrecciammo
(sarà successo due minuti fa al massimo).

Proverbio siciliano.

Calati, giunco
che il vento passa

calati e attendi che la furia s'attenui
lascia che scorra altro da te

come lava su fianchi di monte
si secca e rimangono bozzi incompresi
tu non credere, rimani giunco
flessuoso e ambiguo

ma si sa, la natura non basta
e se anche è altro da te
arriva il giorno giusto per negarla.

domenica 22 maggio 2011

Dioniso amore mio.

Nudo ti voglio
spirito mio
rifletti il tuo ardore
sui seni arrossati.

Statue greche incrinate
circondano il viale abituale
ma tu corri sollevando foglie,
ricoprile di graffi.


C'è una folla titubante lassù
in cima ti attendono adepti
squarciati da un benevolo fulmine
dal dio ambiguo posseduti

si stanno confusi a guardare
l'edere e i tirsi intrecciati ai capelli
e cercano con le mani i padri e i figli
ma quelli lontani scapparono nel tempo.

Tu incrocia le braccia stagliandoti nudo
spirito mio
in fronte a loro opponi il tuo fuoco
sciogli le membra in danze
trascinandoli tra fiamme impazzite.

Nudo ti vuole
anche l'ambiguo dio
e agita lontano i capelli di brace
riduce in cenere l'abitudine languente.

domenica 15 maggio 2011

Senza titolo.

Come se fosse
l'ultima cosa che m'è concessa
di fare

come se fossi
disperata e nostalgica
mi spingo e sospinta
vivo.

sabato 14 maggio 2011

All'amica del teatro (che noia)

Raccogli le perline dal marciapiede
e indossale stasera
quando andremo a teatro insieme
e non staremo sedute vicine

POI mettile al posto dei tuoi
occhi chiari, che scintilleranno
e io al buio verrò a prenderti
succhiando caramelle amare.

Almeno quando inciamperai
sugli scalini dell'atrio del teatro
perchè io ti guardavo da
lontano e IO non ti ho dato
il cuore o il braccio,

ALMENO rimarranno le perline
scintillanti al buio e chiare
tutto intorno ai tuoi piedi storti
e al tuo essere sola.

giovedì 12 maggio 2011

Visione.

S'infrange di candela luce
sulle pareti dell'amata stanza spenta -
il Poeta s'ammira le lunghe dita
innervate di gelido nero inchiostro.

Lontano, si leva il grido:
la dolente madre dona la vita
e due grigi occhi spalancano
sui sentieri a notte di lucide stelle.

Si ripiega dunque la Notte fra morbide vesti
della giovane rossa infelice - di sorella
bianca pelle nel gelo suda
a vedere di oscuri uccelli gli infausti presagi.

Attende la turba trepidante
il fresco sguardo metallico
si sbriciola su umide strade -
ricordo dei nati passati..

Solo, a Notte, il Poeta s'aggira
consumando una candela, conforto fraterno,
e spinge sporcando con mano ogni porta
per ritrovare l'infiammata visione terribile.

sabato 7 maggio 2011

Come un giorno di pioggia.

Si fa pioggia, bello mio
fuori dal motel affoga la strada
e muoiono giovani e vecchi amanti
mentre tu dormi ancora.

Che poi mi chiedo se non sia
un po' ingiusto, così
che ritorni poi l'acqua
dopo aver così bruciato
lentamente così
mentre tu dormi ancora.

Si è fatta pioggia il desiderio spento
languore di te scivola svelto su strada
e si sporca dei morti caduti
come gocce di pioggia.

Affondiamo bello mio, si affonda
svegliati.

venerdì 6 maggio 2011

Stanchezza

Stavamo come lucciole in notte invernale
gialli e freddi ad ammirare il Bello

lucidi gli occhi risuonavano l'addio
del tempo sfuggito al controllo lunare.

Oblio coglieva e volevo rivederti,
confermarmi nell'animo la tua essenza

che a tratti lampeggiava, faro sull'abbandonata
isola, la nostra stanza.

E mi posavo tremante sulle tue braccia
per sentirmi ancora dire Quel Bello

è speranza e buon dolore vitale,
la notte invernale dura mille ore
ma è sconvolgente il tuo splendore.

Stringevi febbrile, stanchi aspettavamo
il ritorno del giorno, confusi
perduti in un' unica luce.

martedì 3 maggio 2011

Nulla di troppo.

Silenti le acque si stanno
conosciuto l'inverno
avvolte di bianco

e incorniciano il freddo respiro
che dal labbro mio sporge
a raggiungere te.

Immobili le acque si stanno
è dicembre sul suolo
io lo saggio con piede leggero
sperando che non mi lasci cadere.

E' la vita più dura
condivisa con acque
ghiacciate, ci stiamo
a cercarti con sguardo appannato.

Apatia si bagna delle acque
e il bosco intorno un deserto di sale,
si staglia per appoggio nel mezzo
l'albero, sognatore sveglio
già morto nel tempo

ma è sì caldo il suo corpo
-corteccia pulsante- nell'incontro
con la fronte mia di brina
le tue lacrime ancora.

Infrante le acque
dalle dita del giorno
si sfanno accese dal tiepido tramonto

il mio corpo si spacca
nei punti dove la pelle
tua si appoggiava più stanca

Queste acque per me sono vita
e misura è l'eternità sola;
nei tuoi occhi di luce di sole,
nulla di troppo.

Timetable.

Lunedì

pettinare bambole
distruggere sogni
adescare bambini
mangiare salato
cogliere l'attimo
sbandierare ideologie
coltivare piante
comprare guanti
fare qualcos'altro rispetto a ciò che si sta facendo
migliorarsi
trovare il tempo perso
tirare le cose per la lunga
tramare per la conquista del sole
pensare di essere ovunque
pregare che Dio non esista

Ore di sonno: 8.

Martedì

giustificare se stessi
ubriacarsi
pizzicare corde di cuori
scoprire un nuovo continente
naufragare in metro
amarlo teneramente
amarlo teneramente
amarlo teneramente
iniettarsi gomma nelle vene
pensare ai propri antenati
rilevare figure retoriche
costruire una gerarchia di valori
considerare le eventualità
mordere le caviglie del tempo
darsi da fare
mangiarsi le unghie all'osso
vanificare gli sforzi altrui
complottare contro i rastafariani
mugolare
bruciare borse borghesi
immaginare un mondo peggiore

Ore di sonno: 5

Mercoledì

cambiare t shirt
misurarsi col mondo
salutare sconosciuti
spaccare specchi
autoflagellarsi
trovarsi affascinati
credere in chiunque
segnalare differenze essenziali
volerlo riscoprire quattro volte di seguito e sempre rimanere stupita
rielaborare concetti
aiutarsi per quanto è possibile
fare sesso con qualcosa
apprezzarsi per ciò che non si è
rimandare
determinare ideali da seguire
contare gli elettroni sull'epidermide
sognare la sua pelle
percepire l'incombere del sonno
ripudiare le leggi della fisica
accartocciarsi come carta bruciata

Ore di sonno: 4.

Giovedì

graffiarsi le mani
impastare colori nuovi
contaminarsi di passione
mutazioni
fecondare gli occhi
sparare a zero
caratterizzare un momento
metabolizzare gli eventi
duplicarsi per svantaggio altrui
studiare il libro del mondo
ripensare al giorno precedente
piangere per il passaggio della Bellezza
contrarre i muscoli della mascella
verificare le proprie ipotesi
ribellarsi alla grammatica
sbranare il cuscino
disgiungersi dalla società
rimuovere
consultare i gatti per questioni di cuore
sopportare il Nulla
arrossire per la rabbia

Ore di sonno: 3

Venerdì

sbadigliare e inghiottire la luna
partorire sogni e lasciar loro in eredità un mondo davvero di merda
incartarsi su ragionamenti inconcludenti
riportare gentilmente i piedi per terra
restaurare il petto
cri - du - chat
farsi due domande DUE
indovinare
credere nei giovani
ridersela alle loro spalle
giudicarsi ipocriti
mancare di iniziativa
piangere ancora per il passaggio della Bellezza
rendersi conto che è venerdì
subire un piccolo shock di tanto in tanto

Ore di sonno: 9

Sabato

brodo primordiale per cena
lustrare l'amor proprio
costruire una scenografia per la propria realtà
parlare francamente
voler chiedere con gli occhi
ammirare
definirsi in un certo modo
cooperare con le autorità
non riuscirsi affatto
cercare l'etimo
fluttuare nell'incoscienza
chiudere gli occhi e CADERE
grattarsi il collo
mascicare il cielo e inghiottirlo pensosi
non pensare nemmeno per scherzo
farsi dare una ripassata
inframmezzarsi di tanto in tanto
gonfiare le guance
valutare il futuro
ponderare le opzioni sul tram
svegliarsi da questo sogno
piangere di brutto

Ore di sonno: 2

E poi è di nuovo Domenica.

lunedì 2 maggio 2011

Estratto.

Fuori

non mi rendo conto di quello che succede intorno a me.
Sento tante voci, e casualmente ne seguo una, a scelta, per più o meno tempo ma senza ascoltare, solo seguendo le successioni di suoni, le aspirazioni, gli intercalare, i sospiri..
Ho gli occhi che bruciano ed al contempo sono umidi, ma non commossi; sono iniettati di sangue, brulicanti pozzi di caldo sangue inframmezzato d'azzurro.

L'azzurro mallarmiano, quell'ideale ossessivo e ottenebrante, che sconvolge e tortura l'animo elevandolo e incatenandolo sempre più al suolo.

Poi la pelle mi pare fermentarsi, come un arcaico mosaico creparsi e odorare di passato, di vecchio, di morto; non ho le unghie, le dita, mi dolgono i denti.
Sarà che mi mordo troppo spesso la lingua, e l'interno della bocca, tutto cicatrici e bianco.

I miei sensi vagano scomparsi simili a fantasmi di un antico maniero, spettri di ricordi e placida vita inerziale.

In sostanza, sono nulla.

domenica 1 maggio 2011

Il primo di maggio

Nei giardini pubblici sono silenziosa
morta il primo di maggio
ma me ne sono dimenticata
così ora lo scrivo
e nei giardini pubblici
si ergerà una statua
in onore di una smemorata.
Quando sono morta
(il primo di maggio)
il vento si è colorato di nero
e con l'aurora piangente
si offriva di portare su spalle
il mio feretro piccolo
ma le signore del giardino pubblico
si ricordavano delle mie malinconie
e mi sapevano bruciata
in ceneri sparse in un
lontano paese.
Il primo di maggio
17 anni giocavano a calcetto
nel giardino pubblico
ma quando sono morta
hanno fatto un minuto di
rumore per onorarmi,
così la luna anche
se era giorno è venuta
a dire la sua, ha
detto:" Non mi dimenticherò
mai di lei
perchè sapeva dimenticarsi
di essere triste".
Gli uccelli hanno applaudito
in lacrime e siccome
mi sembrava educato
li ho ringraziati.
Il primo di maggio
il mondo si è arrabbiato con me
perchè ho fatto prendere
uno spavento a tutti
dimenticandomi di essere morta,
stavo in un giardino pubblico.

sabato 30 aprile 2011

Avrò 12 anni suppergiù e una risata stupida.

Ieri notte qualcuno ha riempito il mio materasso
con tutte le stelle che ci sono al cielo
e mi son alzata con gli occhi azzurrini
e la schiena tutta segnata e dolorante.
Mi chiedo perchè l'abbiano fatto
io non ho dormito affatto, sognavo
la Luna incinta
(di me, credo). Stasera sto affumicando
la stanza così
1) i figli della Luna nascono con mutazioni
e non ci saranno mai più le stelle (piango)
2) qualcuno maledetto burlone
rimane fregato
3) io non sogno
come un' adolescente fluorescente.
Tre motivi bastano e avanzano
per giustificarmi la vergogna
di avervi dato ragione
(bastardi).

mercoledì 27 aprile 2011

Presso la casa sul mare.

La casa è vuota
e trema a ogni incerto passo.
Non temere, continuo
a cercarmi, ma è febbre
eterna senza i tuoi baci
sulle dita. La casa
è vuota e morta
mi cerco in una
conchiglia spezzata
e sembro cadere all'indietro.
Pulsavo e l'aria
conservava gelato il mio corpo sciolto;
ora mi appoggio ai muri
mentre perduta mi cerco:
muri si sgretolano sui frammenti
delle mie ossa in pezzi sparse.
E' uan risacca la nostalgia
che torna e s'infrange
nelle mie vuote braccia.
Ditemi se è questo il senso
d'avere una conchiglia
e delle dita, se si
spezzano e vagano
in quello che si chiama Nulla,
sussurro di sehnsucht.

domenica 24 aprile 2011

Sonetto concreto.

Le sorelle s'ornano di mirto
nell'incedere verso l'Aperto Nulla
della sanguigna mattina autunnale,
s'ornano di mirto e mischiano
lacrime dorate allo screziato
arrivo del Sole. Tossiscono
ed è sangue sulle mani,
ma accogliere vogliono il Padre
che benevolo le attanaglia
laggiù, verso l'estremo orizzonte.
E sono di mirto, lacrime e sangue
le impervie strade d'autunno
del loro incedere affaticato;
temono d'incontrare la Morte
al loro arrivo insperato
e non si sono affatto preparate.

martedì 12 aprile 2011

Ordinary teenagers.

Stavamo fumando così tanto che non si riconosceva più il grigio delle pareti da quello della cappa morbida di Golden Virginia esalante dalle nostre bocche umide.
Pochi minuti prima avevamo finito di studiare, di discutere su Bela Lugosi, sul protojazz, sui conti e marchesi, sulla politica, sul sesso, sulla zoologia, su amici in comune, ora avevamo un cielo di primavera tutto per noi su un soffitto bianco intonaco, non ci importava di essere chiusi in casa, su un letto vecchio e circondati da libri di scuola; il rumore del caffè che sale si sentiva attraverso la porta chiusa, aspettavamo con gli occhi lucidi e rossi, abbracciati stretti e freddi, aspettavamo.
Si ascoltavano i Nouvelle Vague senza saper bene cosa pensarne, perchè non riuscivamo a smettere anche se fanno musica strana, stuzzicano capolavori del passato in cover un po' così e tutto il resto, ma non siamo riusciti a smettere di ascoltare la loro versione dei Bauhaus fino a quando non ha cominciato a piovere in quel modo così improvviso.
Ci siamo spaventati, scossi di dosso l'apatia per correre al vetro e guardare, guardare. Non abbiamo fatto più nient'altro per i dieci minuti che è durata la scarica di gocce.
Sembravano volersi scagliare su di noi con una violenza indicibile, volerci colpire, ributtarci a terra, spalancarci bocca e occhi, muoverci: potevo leggere le mie stesse percezioni nei suoi occhi mentre andava a chiudere lo stereo.
E poi è spuntato questo cielo pazzesco e noi si stava ancora, nel più completo silenzio, a fissarlo riflesso nelle finestre della casa di fronte, ricoperta di graffiti nella zona suburbana dove abita, gonfia di ribellione e pugni in tasca.
Grazie a dio abita a un piano alto, perchè quelle nuvole miste a vene di sole, così vicine, così massicce e accoglienti, ci hanno spaccato i fragili specchi di feticci adolescenziali dagli occhi.
Poi certo, abbiamo ricominciato a parlare, a dire cose vaghe, a sparare sentenze, ma era diverso: non ero più solo io a sentire quel disagio, quell' inappetenza, quel cattivo odore di assenza e vacuità.
C'era la condivisione di una consapevolezza: che in un pomeriggio ci stavamo alienando per bene, in questo pomeriggio i nostri diciassette anni ci pesavano sulle magliette di rockband incattivite quasi quanto i Nouvelle Vague ci pesavano nelle orecchie.
E' estremamente interessante che in quel momento non riuscissimo a smettere di ascoltarli, è estremamente interessante che per quanto tempo passi, per quante parole si sprechino, pare che non smettiamo mai di avere diciassette anni.

Oh, Bela Lugosi, I'm dead, I'm dead, I'm dead..

La ballata di Rugiada

Fratello di Sole
nacque al piangere d'Alba
Rugiada il suo nome
corpo di acqua

Figlio di lacrime
d'indole languente
corre per l'erba
al mattino sfuggente

E fervide impronte
ha lasciato su steli
di luna e mattino
il Fratello di Sole
Rugiada figlio di pianto

Sfuggendo lacrimosa madre
cercando luminoso fratello
perdendo il destino in tracce
a noi auspici di buona speranza

Un giorno verrà alla Rupe
del Fine, lui corre lo sa
che su roccia il piede scivolato
Rugiada cadrà fra le braccia
di Allba sconvolta
coprendo il mondo di
umide impronte nell'aria.

domenica 10 aprile 2011

Si ringraziano i Noir Desir, nella versione Tiersen.

Piccola sorella delle mie notti,
brindiamo.
Scosta i capelli dal bicchiere,
stiamo
a mormorare in versi la nostra
compagnia
Piccola sorella delle mie notti,
sono felice che tu sia sempre qui.

Prima di bagnarci le labbra del suo nome
di nasconderci nei cuscini fondi
di volerci annullare e rinascere
brindiamo

alla gioia che attanaglia
ai colori delle primavere sfiorite
agli abbracci degli amanti
ai dolori che si rassodano d'estate
all'inaccessibilità delle volte notturni
agli amici
alle mani di Madama Musica
alla sabbia che riempe la bocca al mattino
al languore che distrugge gli istanti
al sapore del sole inclinato
allo sfarsi della luce
ai frammenti di passato
alla morte che si nasconde nelle settimane
ai parchi abituali
ai significati celati dietro alle parole
alla disperazione della ripetitività
alla noia
all'oro dei tuoi occhi
al pallore delle guance di voglia ricoperte
alla fatica dei passi
alla maledetta malinconia
alle braci che portiamo nel cuore
alla nostalgia 
ai lenti tentativi di vita

per sempre brindiamo,
piccola sorella delle mie notti
io brindo a te.

venerdì 8 aprile 2011

Lo ammetto, stavo pensando ai Poemetti in prosa.

Giaccio nel parco abituale, languidamente abbandonata quasi che non avessi più nulla a cui pensare.
Attendo paziente di riprendere coscienza del mio vecchio corpo sfiancato dal palpitare estenuante delle nuove anime che continuamente lo agitano.
La calma è fuggita da questo posto: esso è ebbro di rumori, odori pungenti, lontani passi affaticati dal peso dell'ora mattutina; la noia e l'attesa vagano irrequiete per i sentieri lastricati.
Lontano, poggiato ad un albero inclinato, elegantemente disinvolto, sta il Satiro del Rimpianto, che mi fissa terribile studiando questo mio attuale languore.
Il suo sguardo tuttavia non mi tocca, percepisco fra esso e il mio algido torpore una singolare distanza, come se ci trovassimo al di qua ed al di là di un' alta parete di ghiaccio mal lavorata, ricoperta di incrinature e bozzi.
Fosse anche che egli sia in attesa di me, non gli rivolgerei la parola in mille anni: ed egli seguita a battere furioso lo zoccolo infuocato sul terreno molle ed esalante, sbuffando dalle nari nuove nuvole d'angoscia in cui dovrò avvolgermi, più tardi, fuori dal parco abituale, dentro al paradiso pratico che rifuggo quale mortale malanno, lo so.

martedì 5 aprile 2011

April's Baby

Corre la bimba dagli occhi di cielo
con l'aquilone traccia il mio nome
nel cielo

pieno di sole e di piccoli denti
nel mese che porta il mio nome:
Aprile è innamorato.

Aprile dovresti darmi
cinque nuvole e zero lamenti
e restituiscimi il cuore 
che lo stesso lo senti
batte forte per te.

Gioca la bimba dagli occhi di cielo
per me un nuovo gioco ha inventato
chiamare i fiori con un suono
e la musica è talmente bella
che lei è troppo piccola per capire.

Aprile dovresti credermi
imprestami i cieli 

mi servono per farti un regalo:
voglio colorarli d'eterno
e stare fra le tue dita per sempre.

E tu puoi cantarmi quello che vuoi
bimba dagli occhi di cielo
e gioca e corri
che io ti amo sereno.

domenica 3 aprile 2011

Papà se n'è andato.

Camminava sulle mani
su una strada di foglie di diamante
incedeva lento sempre più lontano

i suoi occhi di un colore strano
sconosciuto ardevano nella luce di maggio
- io nascevo a ogni passo sulle palme

che lo trasportavano in un mondo lontano
dove in autunno cadono foglie di diamante
e sanguinano le mani lasciando brillanti tracce.

Dimenticavo il suo volto
stupita dall'aggraziato incedere vago
mi perdevo sul sentiero di fragole
del suo sangue nel mio sangue

ma non l'ho più cercato
quell'autunno di maggio splendente
terribile e lontano
"Papà se n'è andato"

mercoledì 30 marzo 2011

All imperfect things.

A M.B.

Mi sento i capelli morbidi lunghi
il successo di una pigrizia languore
mugolo.

che meraviglia
oggi la Noia è verdeazzurra
luccicante lenta
che sbrilluccichio
posso fare qualsiasi cosa

Carezza la testa morbida lunga
lasciami lasciarmi abbandonare
non c'è nessun altro significato
è questa la mia ricchezza:
voler lasciarmi abbandonata a te

inutile insania illusione
ho i denti pesanti aguzzi
e mille macigni nelle mani molli
ma chi si vuole muovere?

Qui si sta tanto bene
ma si sta e basta
e basta a star bene

ironico, tu lo sai
è che ti sei seppellito vivo
ma caldi sono i sensi bollenti
le tue dita sul mio viso

Amami che ti resuscito
cinque volte di seguito
se mi ami mugolando
pigro languido verdeazzurro.

lunedì 28 marzo 2011

Blub.

La Noia, oggi, è tornata a trovarmi.
Roba da affogarci, la testa sotto quella grande massa pulsante e gialla che mi rappresenta e piccole, sparute bollicine di respiro moscio su, sulla superficie. Blub.

Più che altro perchè non me l'aspettavo, mi ha colto alla sprovvista; il minuto prima stavo lentamente tornando a casa dopo un lunedì pomeriggio qualsiasi, ed ero tranquillissima, quando in un secondo, tempo di girare l'angolo, la Noia, proprio lei, signori, con il suo cappello di feltro e il lungo bastone bianco, mi stava già fissando maliziosa, pronta a prendermi a braccetto.

Che oramai mi conosco, sapevo benissimo cosa fare, prima che veramente mi si appoggiasse alla pelle e mi impedisse di intellettualizzare per un po'; mi conosco, altrochè, e il pacchetto che ho comprato era delle sigarette più leggere che mi riuscisse di trovare (ridevo mentre pagavo, perchè pensavo agli attori dei film degli anni 40 che dicono "Mi accendo una bionda").

La cosa meravigliosa è stata vedere una sedia abbandonata in mezzo al parco sotto casa; una bellissima, nostalgica sedia abbandonata proprio nel mezzo, se ne stava lì con tutte le erbacce e le bottiglie di birra spaccate intorno, sopra, addosso, senza fare niente se non aspettare la mia Noia.

Son stata lì  seduta con le gambe accavallate a guardare le sigarette passare da venti, a dodici, a otto, a quattro, ammazzavo il tempo e il respiro nel disperante rimandare, ma è stato inevitabile:
siamo rimaste sole, fuori dal fumo artificiale.

E c'era questo cielo che si tingeva di giallo, così come le case attorno, e l'erba stessa, la sedia, i miei vestiti, le quiete biciclette dei bambini, le coppie di anziani, il gelataio, il pacchetto vuoto, le mamme, i cagnolini e i loro bisogni borghesi, i negozianti amici, l'arrotino, i film degli anni 40 e l'orrore, dio mio, l'orrore
La Noia ha sputato su tutto mentre mi obbligava al silenzio più assoluto.

Allora mi sono sfiorata il naso perchè ancora ci volevo provare a convincermi che non mi stessi trasformando in parte di quella massa pulsante e gialla che mi rappresenta, che mi annoia da morire, ma mi sono sentita la faccia molle, gli occhi spenti, le dita languide.
Il vento soffiava leggero, ed era giallo pure lui; mi ha tinto i capelli di biondo, biondo, ancora quel biondo dal sapore giallastro e nauseante, che pulsava lentamente, come ogni altra cosa in quel momento; di una lentezza inesauribile e violenta.

Che silenzio, signori, che silenzio. Nulla poteva disturbare l'ironica apatia di quell'istante.

Così non funziona, sorridendo ho bisbigliato alla Noia, ma lei già si era stufata di stare a guardarmi; passeggiava distante, su e giù, battendo forte il bastone a terra e continuando a sputare in giro.
Il peggio doveva ancora venire.


Perchè è cominciato il turbinio funesto di poesiole miste a frasi e illusioni mentali, la pazzia galoppava nuda su cavalli di gomma e cartapesta e io cadevo nel nulla mentre i sogni pulsavano di giallo e l'unico desiderio era il nulla, per contrapporlo (almeno giustapporlo, suvvia) a quelle grandi ipocrisie idealistiche che affollano ed esaltano il mio ego, infiammandomi lo spirito di fuochi artificiali e scoppiettanti, colpendo seccamente e facendo risuonare di sensazioni uniche, da non ripetere, quelle belle scenografie di colori gialli gialli gialli che mi porto dentro e mi obbligano a credermi speciale, e la Noia, tempo fa, ha decapitato col bastone tutti i miei fantocci artistici, e qualcuno mi spiega perchè adesso sta ballando lontana, via da me, via dal parco abituale?

Mi sono alzata incamminandomi nel giallo e, insieme ai continui "mi" riflessivi, mi ripetevo per sopravvivere
No, davvero, così non funziona affatto.

_________________________________________________________________________________________

A trascivere queste parole, ho riso come una pazza.
Nel tepore di casa, nel grande amore che succhia queste pareti fra il pianoforte, quel quadro e il libro di greco, la Noia non ci vuole mettere piede, manco morta.

sabato 26 marzo 2011

Sabato: non bisogna avere Paura.

S. mi ha scritto.

"Anche se adesso non riesci a sentirla, quella Bellezza, non significa che tu sia morta.
E finchè riuscirai a percepire anche solo la sua assenza, non potrai mai esserlo.

I cadaveri sono fuori: attraverso di te sola possono ripulsare e il sangue ricominciare a scorrere, dal freddo al caldo, come ora t'impaurisci a non sentire la pelle farsi d'oca e i peli sulle braccia rizzarsi impavidi in questa giornata di sole.

Gli Ideali che guidano la tua vita sono entità astratte: è certo che, finchè non permetterai loro di passare attraverso la tua carne e illuminarti lo spirito di innumerevoli riflessi, essi non diventeranno mai una presenza concreta in te, ma continueranno a prendere corpo feticcio in quei cadaveri che affossano i tuoi incubi e le tue ore.

Permetti alla Vita di diventare tua.

Per quel che mi riguarda, sono sempre stato orgoglioso della tua cristallina purezza, del tuo spirito spontaneo e sincero.
Non permettere a nessuno di screziarti l'anima."

Ho pianto forte. Anche se nessuno mi ha mai insegnato a piangere.

martedì 22 marzo 2011

L' abbandono.

Scegli d'abbandonare il padre
abbandona la casa e il seme
lasciato per te su nuda roccia
- si nasce come erbacce.

Abbandona della madre i larghi fianchi
dimenticàti i grassi pranzi coi parenti
e quegli sguardi gravidi d'aspettativa
cadaveri ebbri di vermi

La rabbia sotto le fresche lenzuola
estive, le cinture e i pulsanti segni
delle lotte quotidiane
tutto lascia

desidera l'abbandono solo
come se fosse la chiave di un sacro tempio
in cui entrare a passo leggero,
tu idolatra dello spirito eroico
vivi la tragedia, la tua storia,
abbandònati.

lunedì 21 marzo 2011

Ricordi (Estratti, parte 2)

Il genere di cosa che ti lascia paralizzato per una serie di minuti interminabili.
Che hai paura delle conseguenze, perdi tutta la tua eloquenza, ti senti l'ipnosi negli occhi.

E avevo pensato di volere una stanza insonorizzata e tutta bianca, con una luce di quelle che spara, grandissima e all'aperto, da cui non si potesse uscire.

[...]
Mi ricordo di quando fu il turno di Mallarmè, e avevo solo sei euro in tasca.
Avevo trovato questo libro consunto e giallo che ne costava quattro e cinquanta, odorava vagamente di muffa e dentro era molto scritto, gli appunti di qualche francese svogliato: ora è uno dei miei preferiti.

[...]
Stavo aggiungendo: mi fa male la testa. Ma mi si impastò la lingua, e non continuai.
Però lui tirò fuori il portafogli e mi diede un Oki, dicendo che gli succedeva sempre, e che lo stesso non l'avrebbe trovata una cosa strana. Sul momento l'avevo sentito molto vicino.

Solo più tardi mi venne in mente che lui se li fumava, gli Oki.

[...]
Ero al mare quando mi comunicò che aveva deciso di tingersi i capelli di verde, e adottare un gatto per il suo appartamento.
Anche lei era già da qualche altra parte, nel tempo e nello spazio (io oramai avevo stretto amicizia con la sua segreteria telefonica) a ricostruirsi pian piano : tutto quello che riuscii ad immaginarmi furono una foto luccicante, a testa in giù con una smorfia buffa, e qualche pelo grigio sul divano rivestito di coperte patchwork. Dovetti sforzarmi molto per riprodurre nella mente i suoi occhi e le sue mani.

Tempo dopo, l'incontro casuale: una chioma più bionda che mai e una terribile allergia ai gatti, perfetto sfondo per il mio sorriso stupito che non si riusciva assolutamente a trattenere.

sabato 19 marzo 2011

"Noi" sta per quelli che oggi hanno sofferto nella stanza dagli spicchi di luce.

Le tende blu
ti mangiavano, luce
e tu sei ombra
del sole che fuggiva
lontano da qui.

Così si proiettano
diamanti azzurri
sulle pareti di buio
e sfere di cristallo - gli occhi
fissi luccicano nel tempo
sciolto sulle piastrelle.

Una voce monotona
avvinghiata al silenzio
si accoppiano - si concepisce
la Noia.

e tu, luce
a pezzi in spicchi
come noi che in quieta veglia
ascoltavamo passivi
agiti da eroi dei tempi antichi
assordati da astratti dati inquieti

perchè ci vogliono emuli,
e muli, i ladri di azzurri diamanti,
persecutori del sole,
mangiatori di luce..

quella voce monotona
è ora a terra
ancora tremante
sopra il tempo, fremente;
dal piacere sconvolta,
incessante si agita a terra.

La Noia vomita il primo vagito
e il tempo precipita
sparisce, le tende blu
si sbarrano noi
sbarriamo gli occhi.

She was born to be my unicorn.

Ha i gialli capelli sempre più corti
e cerbiatti occhi dal sospetto contorti
che anche da chiusi mi cercano dentro
ma di guardarli ora non me la sento.

Per ora mi basta il continuo memento
di quel distante freddo momento
per ora mi basta ammirarlo all'interno
della tomba che costruimmo, quell'inverno..

Lei era nata per essere il mio unicorno
e mi terrorizza il continuo ritorno 
della promessa sorta dal lamento
nella notte di disperato sentimento

quando ai piedi del letto sorsero lenti
gli scomparsi fantasmi dai denti
aguzzi, frementi per il quieto rancore

ma tu non sopporti le mie rime dal cuore,
vattene adesso che non posso vederti
zittirmi, i miei sogni scoperti:

la sola cosa che ti lascerò dentro
è una gentile parola di ringraziamento.

giovedì 17 marzo 2011

La strada quotidiana.

A ogni passo un peso
si somma nel petto
cinto da un muro
stagliato in controluce.

A ogni passo un nemico
si accompagna sul ciglio
bagnato della strada
quotidiana nel giorno del ritorno.

A ogni passo una folla
si lamenta incessante
divincolandosi nel passato
lastricato di cemento.

A ogni passo una sensazione
si palesa incombente
forte della nostalgia
delle lotte civili appassionate.

E un senso di appartenenza
pervade la strada quotidiana
sbarrando gli angoli degli occhi
di nausea e riconoscenza

una muta richiesta
di rivoluzione
si sporca del sangue
delle labbra spaccate.

lunedì 14 marzo 2011

Nel complesso.

Ho rivisto una vecchia conoscenza e mi ha dato come l'impressione che vivesse la sua vita come un obbligo, una forzatura verso un ipotetico qualcosa non abbastanza degno di attenzione, un' inerzia costante nell' avvicinarsi alle profondità.
Mi ha raccontato di aver viaggiato parecchio, di aver visto posti splendidi, di aver stretto numerose amicizie più o meno significative, di avere avuto qualche relazione più o meno stabile, di aver assistito i genitori in un momento di media difficoltà.
Eppure il suo sguardo era perduto, spento, vacuo, le labbra aride e secche, grandi, grasse, e la bocca vuota di parole; pareva guardarsi perennemente intorno ma non alla ricerca, bensì per semplice esplorazione superficiale, una palpata epidermica e svogliata, una valutazione complessiva del mondo circostante che non richiedesse un eccessivo sforzo, un entrare nel particolare.
E poi teneva le braccia fesse, abbandonate lungo i fianchi, fasciate di camicia costosa (è sempre stata benestante e non ha mai temuto di apparirlo troppo, ma a me piaceva, all'epoca, anche per questa spregiudicata franchezza, che ora forse ho capito essere stata del tutto involontaria): a un certo punto questa impressione si è talmente palesata nella mia mente mentre recepiva sbalordita tutte le vaghe notiziole che mi venivano riportate, che sono esplosa, e le ho chiesto:
"Ma senti, tu come stai?".
Lei ha taciuto, ed è stata a fissarmi come se mi stesse misurando, come se si aspettasse che su di me comparissero simboli e figure a suggerirle una risposta, e quando il mio supporto le è venuto a mancare, s'è tirata indietro una ciocca di capelli crespi che sfuggiva dall'elastico ben stretto dietro la nuca, ha cominciato a vagare con lo sguardo anche sul mio volto, e ha mormorato lentamente:

"Nel complesso, bene".

domenica 13 marzo 2011

Che altrimenti il sangue, il sangue

Il mondo che trema
la gente che corre
il popolo piange
la terra si spezza

si spezza il legame
che tiene unito
il corpo e lo spirito
il gemito si spacca

si spezza nel cuore la mente
che vaglia la morte
l'asse si sposta
l'incubo percuote

si copre la bocca
un urlo mancato
la gente poi cade
il popolo estinto
la terra si bagna
di sangue, di sangue

MIO DIO DOVE SEI DOVE SEI ANDATO
MA STA' FERMO NON TI MUOVERE
SE ANCHE TU SEI CADUTO
LA GENTE CHE CORRE NEL MONDO CHE TREMA PIANGERA'
IL POPOLO NATO DALLA TERRA SPEZZATA
RIMPIANGENDO IL LEGAME SPEZZATO CHE SPEZZAVA
IL CORPO E LO SPIRITO SPEZZATO
IL GEMITO DI MORTE PERCOSSO DALLE BOCCHE
MANCHEVOLI DI URLA DI PAROLE PER DIRTI

MIO DIO STA' LI' DOVE SEI CHE ALTRIMENTI IL SANGUE, IL SANGUE



venerdì 11 marzo 2011

Con il petto in fiamme

Che col sole che ci spezzava i capelli
siamo stati per attimi di ore a guardarci muovere
e la terra ci entrava nelle mani
mentre noi ci rincorrevamo nella luce

su letti di steli di erba e ragnatele bagnate
abbiamo deciso di ripercorrere in carezze il passato
ancora lucente di gemme preziose
come stelle diurne controluce ci accecavamo

del nostro corpo spaccato a metà, ancora
fino alla prossima volta che ti stringerò implorando
di non lasciarmi andare

perchè il mio senso dell'orientamento
si sta perdendo e io non so dove sono
ma tu sei qui con me e va davvero meglio

perchè il sole si tinge di rosso e muore in silenzio
affogando nella terra che si bagna del sangue
ma la luce rinasce pulsando distante

perchè i giorni si rincorrono e il tempo è incerto
l'erba si piegherà e le ragnatele andranno a fuoco
ma io fra le tue braccia finalmente mi sento

perchè il mio cuore andrà a fuoco e
i capelli bruciati hanno un odore intenso
ma mi piacciono i tuoi contorni lenti nel sudore
e le tue urla infrante fra spogli rami.

sabato 5 marzo 2011

Ma io vado, ma io rimango.

Faccia da febbre.
Sciarpe scarmigliata.
Scarpe con le doppie punte.
Deliri traumatici.
Caldo alle guance.
Uscire fuori a bere.
Entrare dentro a comprare le sigarette.
Fumare e sentirsi
un polmone scoppiare.
Faccia da febbre.
Faccia da febbre.

Lei, signore: mi faccia da febbre.

mercoledì 2 marzo 2011

La notte del cacciatore.

La Paura si staglia                                             La Preda impaurita                
fra i corpi degli alberi                                        sta nuda al lago
li sfiora li prende                                               rivolta la fronte
per avere un odore                                           lo sguardo disperato

E s'accosta alla luna
nel lago riflessa
contando le foglie
imperfezioni lontane

Non l'acqua s'increspa
il corpo immergendo
tutto è avvolto
dall'acqua più calma

La luna vicina 
la tiene lontana
la pelle s'accende
la voce si leva

Voglio far loro sapere
che quel che ho fatto
è sbagliato

La mano si taglia                                  I capelli annodati
La testa s'affonda                                 Le dita spezzate
La voce
La luna

Voglio far loro sapere
che quel che ho cercato
è sbagliato

L'acqua si spacca                         Le fronde incrinate
La boscaglia trema                       Gli argini sfondati
La volta notturna                           si sfa
La luna                                         è lontana

Voglio far loro sapere
che quel che ho visto
è sbagliato

La sorte sogghigna                          Il satiro geme
La voce del lupo                             Il volere divino
La vecchia sudata                            si desta
La luna                                            è esistita

Voglio far loro sapere
che l'ora in cui nasco
è sbagliata

La preda                                      La ninfa
L'amore                                       La Moira
La causa                                      L'emozione

La Paura di bosco odorosa
ad occhi sbarrati trattiene
la luccicante visione
La Preda è spezzata nel lago
nelle foglie cadute nel lago
nel riflesso della luna nel lago
nella bocca un urlo incastrato

Voglio far loro sapere
che nessuna luna si trova
nel lago
che nessuna luna si vede
nel lago
che nessuna morte coglie
nel lago

che la luna è morta
nel 
lago.

venerdì 25 febbraio 2011

Tangled and Far

Che tu non hai legami
col mondo terreno
non hai liane striscianti
che s'avvinghiano al collo
ma le tue dita di luce
di grande spirito
s'affondano nel cielo
in radici invisibili e pulsanti.

Che nel sangue ti scorrono stelle
e non hai nulla che s'avvicini alla terra
a parte me.

venerdì 18 febbraio 2011

And she cried.

Con tutti i miei sacchetti mezzi pieni e profumati in tasca ho cominciato a sentire quel fastidioso ronzio nelle orecchie e tremito alle mani che ogni tanto, si sa, prende.
E non riuscivo a posare gli occhi su cose che non avessi già visto, e più le guardavo, più mi saliva la sensazione di angoscia, il non sapere, il vomito, il tremito alle mani e il ronzio nelle orecchie.
Così mi sono precipitata contro a un muro per appoggiarmi e avevo il respiro spezzato.
E' passato un autobus e ci sono salita sopra, un uomo continuava a cercare il mio sguardo e io lo puntavo sul vetro sporco senza muoverlo di un millimetro, tenendo gli occhi più spalancati che potevo per non piangere, maledizione, non piangere che tanto non ci riesco da troppo tempo ormai, che non c'era alcun motivo, perchè è tutto già visto, è tutto già vissuto, è tutto già lì da sempre.
Con il ronzio nelle orecchie e il fastidioso tremito alle mani ho risposto un fiebilissimo "Sì" a un uomo dalla faccia gentile che mi chiedeva se scendevo, e poi non sono scesa.
Una donna seduta mi ha sfiorato la mano e mi ha chiesto scusa, io l'ho guardata implorandola: lei leggeva un libro sul sentirsi donna oggi.
Mi sentivo gli occhi accartocciati e le sopracciglia più contorte che mai mentre mi imponevo di non muovere di un millimetro lo sguardo dal vetro sporco; mi veniva da bisbigliare Essere innamorati è felicità senza accento, così per dire una cazzata qualsiasi.
Ho continuato a ignorare l'uomo che palesemente cercava il mio sguardo e ho sentito i battiti del cuore che diventavano sempre più lenti.
Ho pensato a Cartesio, e alla sua ghiandola pineale, e a tutti i collegamenti interessanti fra idee e percezioni.
Improvvisamente il mondo si è congelato, l'autobus si è fermato; si era al capolinea e stavo in un parcheggio abbandonato. Io ero abbandonata.
Mi ero calmata, mi ero abbandonata.
La sensazione di prima era dispersa e ghiacciata nella nebbia che saliva lenta da Milano, come l'angoscia, il non sapere, il vomito, una cappa di ghiaccio brillante e voglioso.
Sono scesa con l'uomo che cercava il mio sguardo, e lentamente siamo andati a casa, ognuno per la sua strada, con un ronzio nelle orecchie e un fastidioso tremito alle mani.

lunedì 14 febbraio 2011

Estratti

[..]
Sento la mia esistenza borbottare prepotentemente pulsando sotto la carne e fuoriuscirmi dal corpo per posarsi sulla pelle più bruciante che mai.
Sto in un bar ad attendere che i minuti scorrendo si facciano notare.
Una signora grassa passa guardandomi: la cosa mi pare incredibile.
Da un lato mi trovo a subire passivamente quest'affacciarsi di coscienza, e mi sembra assurdo che si possa davvero notare che io esisto, dall'altro l'idea che ciò venga ignorato mi suscita un terribile disgusto e odio feroce, e devo riaffermarlo con rabbia.
Così mi aggrappo alle sigarette, agli odori, alle umiliazioni, agli sguardi delusi, a questa penna che scrive.

[..]
La mia spontaneità, il mio istinto di sopravvivenza, mi spaventano.

[..]
L'orologio ticchetta, la mia scrittura si fa più piccola e incerta; l'orologio ticchetta.
Il caffè sarà freddo, ormai; la sigaretta mi pende abbandonata fra le dita.
La barista mi sta guardando, lo so; mi guarda sempre, ancora.

[..]
L'aria di Milano oggi è irrespirabile.

[..]
Io tremo da due giorni. Ho fremiti incontrollabili per tutto il corpo: li guardo affascinata.
E' quest'esistenza che mi vibra addosso, di un' impertinenza irresistibile.

[..]
Le persone non vedono la mia stanchezza, o forse la intuiscono ma non la giustificano.
Devo sembrare molto noiosa.
Mi chiedo se anche X ha mai provato questa noia.
Mi chiedo se mi sta pensando.

venerdì 11 febbraio 2011

EsseRe.

Silenziosa sgocciolo
scivolando sopra
strenue sistemazioni
scavate.. sospiro
sola.
stracciato sentimento
s'insinua strisciando
sul sonetto
-sommesso sussurro-
sappi
sei sempre
serenità sublime
stolido stupore
sfiorando scie
di sole sul
sudato sguardo.
Siamo
sovrani dell'essere
se sfidando
storie di sangue
sappiamo, insieme.

giovedì 10 febbraio 2011

Nel sottomondo.

Allora, adesso ti dico cosa facciamo.
No, no, sta' zitto un secondo, ti dico io cosa facciamo.

Stasera, andiamo a cena da X e da Y.
Ci facciamo mostrare le foto delle loro vacanze, portiamo una bottiglia di vino e ridiamo e ci lamentiamo tutti insieme di tutto. Poi non facciamo tardi, che domani dobbiamo lavorare.

Aspetta, aspetta, allora ti dico adesso cosa facciamo.
No, no, sta' zitto un secondo, ti dico io cosa facciamo.

Stasera, andiamo al cinema.
A vedere quel film appena uscito, di quell'autore che tanti anni fa era bravo, ci credeva davvero, adesso ogni volta che fa qualcosa c'è da tremare fino all'ultimo momento. Magari stavolta ancora si è salvato, lo possiamo guardare insieme e poi stare svegli fino a tardi a commentarlo.

Aspetta, aspetta, allora ti dico adesso cosa facciamo.
No, no, sta' zitto un secondo, ti dico io cosa facciamo.

Stasera, stiamo a casa.
Accendiamo la televisione, e ci scagliamo contro tutto quello che vediamo. D'accordo? Urliamo addosso allo schermo, gesticoliamo un sacco e se ti viene sete mi alzo io per prenderti da bere, e ti ascolto dalla cucina inveire ancora. Guardiamo anche i programmi criptati del mattino, se vuoi, così domani andiamo al lavoro con la bile bella calda fin nei polmoni.

Aspetta, aspetta, allora ti dico adesso cosa facciamo.
No, no, sta' zitto un secondo, ti dico io cosa facciamo.

Stasera, andiamo al parco sotto casa.
Ci compriamo un pacchetto di sigarette e ti prometto che parleremo solo di Bellezza. Di poesia, musica, arte, letteratura, e un sacco di altre cose: le ribalteremo da cima a fondo e staremo a guardare l'alba ancora parlando. Così domani ci sentiremo speciali, un po' diversi, migliori, andando al lavoro con gli occhi arrabbiati e blu di stanchezza.

Aspetta, aspetta, allora ti dico adesso cosa facciamo.
Sì, sì, continua a guardarmi con gli occhi pieni di lacrime, ti dico io che non so cosa possiamo fare per Fare.

mercoledì 9 febbraio 2011

Similitudini.

Siamo così     simili.
Sì, simili
lì, nel mio
c'è il tuo
e si mischiano
e attirano in accordi
di fughe e sonate preromantiche
un po' maliziose e sfuggenti.

Allora passo le ore
ad ascoltarci
anche nei silenzi
lì siamo sempre più simili..

E quando tutto giunge a una fine
mi sembra come si prospetti un orizzonte
d'azzurro e d'oro
che promette e tinge in cielo con le dita
mille inizi
d'azzurro e d'oro

così ogni cosa torna     simile
ai nostri occhi incrociati
sopra linee infinite
che sono i nostri limiti
anche questi, simili.

sabato 5 febbraio 2011

Compassione.

"E' disperato, e' disperato"
e si tocca la testa
e si piange sul petto
lasciando scie di trucco e sporco
sulle guance, ad ammorbidirsi e poi avvizzire.

"Non riesce a sentire il tuo odore
la tua voce, il tuo passo
tutto di te lo disturba
lo dispera"
e nel tempo si disperde
l'affetto innato del tempo
e le lacrime asciugate
nel vento, nei parchi abituali.

"Non riesce a sentirti
così senza realtà
senza idea di un futuro
senza speranza di salvezza"
si tocca la testa e piange
guardando il vuoto si mette a urlare
e non si ferma, non si ferma
è un orologio che scandisce
il ritmo nella danza
per le parole della realtà

le parole di un altro riportate da un altro
nel giorno prima al domani di nero
uguale all'oggi e all'ieri scanditi
un dolore che rimbalza di corpo in corpo
così assoluto che non s'assottiglia nemmeno

son i residui di un cordone
che fa fatica a sciogliersi
della morte che s'intravede
nella solitudine dei giorni spenti
nel giorno che viene che non hai chiesto
che non è come l'hai chiesto
e non è il tuo, e non importa
e non è ancora di nessuno, e non importa

e quelle grandi mura sull'animo
che rosse si ergono nel sangue
dello spirito frustato e rinchiuso


ma ora a te dico, a te impongo d'ascoltare

Quella disperazione levigherà
il tuo parlare di passione
e potrai allora provare compassione
per il vero senso d'Amore.

mercoledì 2 febbraio 2011

L'inverno fra l'inverno dell'inverno in inverno.

stasera ho attaccato
la gola dell'inverno
e con gran calma ho succhiato
ho distrutto e ricostruito
il nostro inverno

che nell' inverno dell'inverno
ci si era come dimenticati
di dove portassero quelle grigie
strade masticate dalla nebbia

e le si percorreva al fianco
di martiti e San Sebastiani
con le pungenti frecce di freddo addosso
e le rosse di sangue guance livide

che nell'inverno dell'inverno
le ossa scricchiolavano
come rami secchi risuonavano al vento
e nei boschi ci perdevamo
seguendo le ombre e orme
di fauni e ninfe drogati

e ci mangiavamo gli occhi per scaldarci
e graffiavamo le mani per l'orrore
discendendo sentieri tortuosi
giù dal monte della disperazione

ma il rimedio stasera l'ho trovato
con gran calma la gola all'inverno
ho attaccato,
è l'inverno dell'inverno.

martedì 1 febbraio 2011

Le storie della buonanotte non richiedono poi così tanto tempo.

Notturno dell'amore perduto

Raccontami di nuovo
di come mi cercavi
di quanto ti disperavi
per i vicoli ciechi
di città nel vento e sul mare, di notte..

Oh, se vedo il tuo volto
ebbro di stelle nel notturno vagabondaggio
e di milioni di stelle cosparsa la fronte
febbrile, tu percorrevi le mute strade
Riportalo ora, il suono del mio nome, di notte..

Già che adesso le ombre
mi legano al letto
e il cuscino soffoca
l'angoscia degli occhi
Lo stesso silenzio assassino
percuote la stanza di buio
e incerto il respiro
si straccia sul muro!

Raccontami di nuovo,
raccontami!
mi cercavi?
ti disperavi?
erano gonfie le guance di sospiri
e di mille inquieti passi i piedi?

Ribolle il vento, s'arrotola il mare nel nero..
Sia chiusa la finestra
chè più luccica il sudore sulla mia pelle
di quelle tiepide stelle smorte
ti hanno smarrito!
per i vicoli ciechi
di città nel vento e sul mare, di notte..

Raccontami di nuovo
se mi cercavi
se ti disperavi
E' notte, io sono tanto stanca..

lunedì 31 gennaio 2011

Ciao. Mi dispiace così tanto.

E insomma, un po' di tempo fa un ragazzo si svegliava, stiracchiandosi tutto, anche gli occhi morbidi.
Faceva colazione, chiacchierava con sua madre e scherzava col padre, con un po' di nostalgia nel petto.
Sfiorando le pareti dei corridoi girava per la scuola, studiava, aveva tanti amici.
A volte il suo zaino profumava di erba; la sua ragazza diceva a tutti che era tanto intelligente.

Poi per un po' di tempo un ragazzo si svegliava e stava a fissare il vuoto a lungo, steso immobile; beveva il caffè senza zucchero, in silenzio.
La madre si lamentava, indicava i mobili nuovi e il calore dei termosifoni della casa, lo chiamava amore.
Il padre spaccava i piatti, in silenzio.

Un ragazzo saltava la scuola, gli amici si stufarono dei suoi occhi affilati che si posavano sulle cose facendole sanguinare.
Un ragazzo perse lo zaino; una ragazza piangendo un po' lo lasciò.

Poi un pomeriggio un ragazzo scrisse qualcosa su un foglietto, andò in un posto dove non era mai stato.
C'erano tante scintille di fuoco, e colpi secchi nell'aria: le luci vibravano e si riflettevano sugli specchietti di occhiali protettivi, le mani tremavano incessantemente.
C'erano tanti buchi sui muri.
Così contò fino a nove, e decise che per un secondo voleva essere un muro.
E insomma, un ragazzo non si sveglia più.

Adesso mancano quegli occhi di plastica, e il tempo veloce; la sua famiglia si sta sfumando come un vecchio dipinto su cui viene gettata tanta acqua; uno zaino fu ritrovato in un parco, puzzava di stantio; una ragazza è stata vista accartocciata nelle braccia di un altro..
La scuola ha appeso una foto nell'atrio, ed è coperta di ditate e sguardi distratti.

E io non è che lo conoscessi bene, ma era un ragazzo.
Aveva vent'anni o giù di lì, e i suoi occhi erano di plastica: so solo questo.
Non sono sicura di cosa possa aver scritto su quel foglietto, ma

avrebbe potuto essere qualsiasi cosa.

Lui avrebbe potuto essere uno qualsiasi fra noi.

E io non è che lo conoscessi bene.

venerdì 21 gennaio 2011

Illuminato

ho visto un universo geocentrico
e poi serpenti avvinti ad alberi di conoscenza
tentatori danzanti sul bianco viso
dell' Illuminato ho visto


nell'ombra di un ampio fico
l'Illuminato mesceva fra i pensieri
le schegge tremolanti di cosmo più pure
a noi donarle ad aprire uno squarcio nell'ombra

rifiniva le corde del sitar
in cui portava i dolori dell'universo geocentrico
e la fronte all' Illuminato tutta brillava
le note i suoni meno acuti rifiniva

nella notte dei tempi
la sua luce cantava
l'amore che in lei portava
e l'Illuminato salvava i figli dal ratto nella notte


L'Illuminato

ho visto nell'ombra rifiniva
l'universo geocentrico
nella notte.