venerdì 31 dicembre 2010

La ballata della piccola fiammiferaia

Madre, hai visto com'è bella?
Fuori dalla porta
come potrei mai lasciarla?
L'hai vista, com'è bella?
La sua pelle
bianca e rossa
il freddo soffre
lei morrebbe.
Perchè la casa
non stai già pulendo
e con fiori decorando?
Lei è qua fuori
d'entrare aspetta.
Madre, hai visto com'è bella?

Padre, hai visto com'è bella?
Meriterebbe di vivere su una stella.
Lascia ch'entri
e ammirala in tutta fretta
nel suo sfriccichio dorato
di risate e unghie accese
Quanto a lungo può durare?
Il gelo ovunque..
si consumerà quel calore
che fra piccole mani consunte stringe
quasi avesse inestimabile valore
Padre, hai visto com'è bella?
Lei meriterebbe solo una stella.

Fratello, hai visto com'è bella?
Nascondi il tuo dolore
che lei arriva, in fretta
scappa dalla finestra
salta con i ladri
vai a rubare
per lei la notte più vellutata
Non far vedere il palpitare del tuo cuore
si spaventerebbe per quel gran rumore!
Perchè tu l'hai visto com'è bella
che abbia rose violini e pianti disperati
sotto il cappotto nascosti
a dare quel poco conforto..

Come potrei lasciarla fuori dalla porta?
Ditemi
voi avete visto com'è bella?

sabato 25 dicembre 2010

Una carola per le feste di Natale.

Ah, ma oggi è Natale..
Stiamo qui a guardare
l'impalpabile luce dilatarsi
sotto le frementi dita di Aurora
Sai, Aurora ha sposato Titone
negli anfratti d'inverno nascosti
e poi così l'ha condannato
sbagliando le parole per un desiderio
solamente a metà realizzato..
Oggi è Natale, amore
e l'alba si dilata come sempre
Fuggiamo, coi nostri pensieri
e le poche ore
che ne dici? ce ne andiamo?
Sei tanto lontano..
Il Natale non mi dice nulla
parentesi apatica nel movimentato inverno
ma cosa si aspetta la gente?
Aspetta se stessa?
L'ispirazione forse?
Quando mai arriveranno
a capire che questa è tutta una finzione
e oggi è un giorno come un altro
a cui cercano di dare valore

Per me, questa è solo l'ora in cui
mi sono svegliata tardi e la casa era vuota
e Natale mi ha lasciato solo
l'ennesimo pensiero per te nel buio
che l'alba già ha smesso di dilatarsi
come se Aurora stesse piangendo scappando
dal vecchio piangente Titone di bianco..

mercoledì 22 dicembre 2010

Chissà se Dante s'arrabbierà.

Un dì si venne a me
Malinconia
e mi disse:
"Io voglio un poco stare teco.."
E io le dissi:
"Partiti, rimani.
Non ti voglio,
ma sta' qua.
Ho bisogno d'aiuto
ho bisogno di te?"
Ed ella uno sguardo
imbarazzato mi lanciò
e così rimanemmo sole
insieme per essere.

martedì 21 dicembre 2010

TempestalidiMemoriatumiuccidi

E i lidi dimenticati
saranno il rifugio
dei dolori suoi, inaspettati
quando mesta Memoria
commossa lo riscuoterà
dal solare torpore dell'incoscienza..
Sì, quello sarà
giorno di tempesta
mare turbato per compagno
dell'uomo che sui lidi dimenticati
si ricorderà di me

venerdì 10 dicembre 2010

Angelo dell'onirismo (ovvero Messa languida)

Che felicità!
Sei tornato.
Anche questa notte
a me te ha riportato.
Che fortuna..
come sono
fortunata..

Siamo qui riuniti
per festeggiare la dipartita di un corpo
e il felice dipanarsi di due anime affini
in un' unica notte di oblio.


Vegliamo
tu accanto al mio letto
come angelo dell' onirismo
la visione però è tutta mia
tra le lenzuola a gemere sono io
non trovi sia un po' ingiusto?
che tu sia così ossessivo
e al tempo stesso egoista
certamente è una follia, mia
banale incertezza che mi attanaglia le parole
in deliri traballanti privi di senso blasfemi
Pentiamoci

Eppure lo so che la colpa è mia..
non insistere, non ci posso far nulla ma
mea culpa, son io
che ti voglio tenere qui..
la mano sulla mano..
i capelli sui capelli..
il tuo respiro, faticoso,
sulle mie dita..
il mio angelo dell'onirismo..
il mio amore infinito e lontano..

Credo 
di voler che muoia questa luce bianca e verde
che mattutina entra strisciando ti corrode e ti sbiadisce, no!
Amore, mio amore, non lasciare che ti porti via da me..!

L'ora dell'addio è più crudele di un sipario
sull' attore commosso dalla propria recitazione

Ora invochiamo
un sonno perpetuo
per lunghe visioni dietro le palpebre
più vere del reale
ch'è, vi giuro, è proprio una gran finzione, dev'esserlo..
e io sono pazza
non solo pazza d'amore
ma di queste visioni, mio Dio
..meravigliose..

A  ME  Nulla.

venerdì 3 dicembre 2010

L'incubo tuo ha scosso il mio sognarti

Ora emergi..
dal fresco panno
sollevati, infuocato
Emergi dall'oblio
dall'incubo passato..
Asciugherò il sudore dal volto illuminato
se solo mi racconti
cosa gli occhi ha affossato
Emergi, amore mio..
il mantello notturno
del sole è scivolato
non temere
il nulla è congiunto al passato
Non sfuggire!
Nascondersi da me..
che il tuo buio ho sorvegliato..
E una mano tesa
sul tuo petto poso
ignoro il lamento cavernoso
sono io che oso!
Il sussurro silenzioso

Emergi
dal sepolcro odioso
e che il tuo levarti
non sia un gemito ansioso..

giovedì 2 dicembre 2010

Il gene della ragione in questa mia generazione

Racchiusi in bozzoli di primavera
attendiamo l'inverno per liberarci dai veli
e mostrarci nudi alla natura intera,
che ci ammiri nella pochezza che siamo.
Il morbo dolce sono questi continui appuntamenti
con un futuro inesistente, e le possibilità che abbiamo
di esprimerci evitando inutili lamenti
quelle le ignoriamo.
Non chiediamo perchè il freddo non ci cambia
e al contempo del caldo non sentiamo la mancanza
sulle fronti illuminate si rifugge la speranza
è del vuoto che ci spaventa la presenza!
E non importa la rugiada impietosita
che al mattino ci risveglia
per scortarci gentilmente
a un nuovo giorno di tortura
non importa che alla porta stia
una madre ossessionata
ed un padre di paura
noi nei bozzoli avvinghiati
soli nelle braccia ci stringiamo
e ancora poi aspettiamo
un inverno rinnovato..

 Andiamo nei boschi
perchè non sappiamo cosa sia saggezza o profondità
sbaragliati da tutto ciò che è vita
a farci succhiare dal midollo della vita
per scoprire in punto di nascita
di essere già da tempo morti.

domenica 28 novembre 2010

Il ladro di scatole

A volte sembra di vivere in un' enorme scatola piena di cose belle e colorate, che sono ovunque.
Solo che, trattandosi di una scatola, non c'è poi così tanto spazio per muoversi, e si inciampa ogni pochi passi in tutte le meraviglie che sono buttate così alla rinfusa: un po' perchè si vuole guardarle tutte, e allora lo sguardo è svagato per aria, il naso in su, la mano a tirare via dagli occhi tutti i capelli, e un po' perchè cadere è molto più facile che stare in piedi.
Oggi mi sono resa conto che il freddo, per esempio, è un grande amico esuberante, che cerca sempre il contatto fisico, e tende a metterti le mani dappertutto fischiettando in tono assai acuto canzonette stupide, e fa tremare, e battere i denti, non permette mai di star fermi a cercare un varco fra quei mille oggetti belli.
Però così non si può più parlare di secondi o minuti o ore, ma di mattine che si mettono il costume da notti, e pomeriggi in sere, e via dicendo: si arriva a chiedere la data e scoprire che è passato molto, molto tempo dall'ultima volta che non c'era il freddo, dall' ultima volta che nella scatola si è preso posto su uno dei tanti oggetti a massaggiarsi i piedi doloranti ammirando con calma tutti gli altri, senza fare nulla di che, senza che la mascella facesse male per quanto la si tiene serrata.
Siamo solo in autunno, ma noi cosa possiamo fare?
In questo infinito rincorrersi di stagioni non va mai bene niente, l'autunno è la mia stagione preferita e ancora non ho visto una foglia caduta che mi piacesse perchè unica: la neve le ha uccise, ha massacrato quelle migliori. E io ho tutti i capelli davanti agli occhi, entrambe le caviglie slogate e la Bellezza non mi interessa più: cerco quel centro d' Amore che non so nemmeno se esista nel casino che c'è nella mia scatola, l'ho perso o me l'ha rubato qualcuno.
E mancano moltissime altre cose, ora che ci faccio caso: c'è sicuramente stato un ladro da queste parti, perchè non è possibile che io ora possa tranquillamente correre in tondo e fermarmi a girare e non incontrare nulla con lo sguardo, non posso sedermi da nessuna parte, non posso guardare il cielo (qualcuno deve aver chiuso i coperchi della scatola, certamente è così) e sono appena inciampata di nuovo, stavolta in una crepa sul pavimento, che traccia la parola “SOLITUDINE”.

Sono così piccola che potrei cascarci dentro se non faccio attenzione.

Lo giuro.

Mi fa male la mascella per quanto stringo i denti, ma è per il freddo: lo giuro.
Mi tirano tutti i muscoli perchè ho le braccia sempre conserte, ma è per il freddo: lo giuro.
Mi si creano pezzi di ghiaccio al bordo degli occhi perchè lacrimano correndo tanto in bici, ma è per il freddo: lo giuro.
Mi duole la testa, il cervello ed i troppi pensieri, ma è per il freddo: lo giuro.

Che poi siamo solo a novembre: chi voglio prendere in giro? Nessuno.

giovedì 18 novembre 2010

Il suono della Terra

Sole che tramonta
Sole ch'ogni giorno sorge
al dolce suono della Terra
rispondi coi tuoi raggi gioiosi.

Con fresca luce disseta l'alba
quando si stende sull'orizzonte del mondo
Alba ch'al mattino è sì stanca
Alba che Crepuscolo ha sposato.

Nel cerchio racchiuso, dall'unione nata
la Volta Notturna si spieghi danzando
Volta Notturna di morbido buio
Volta Notturna che tanto io amo.

E Stelle che esplose amiche mi siete
voi Stelle di aria, intime legate
cascàte in Terra e musica fate
che giunga il momento per il sonno d'andare.

Così in fretta risponda con raggi gioiosi
a sì dolce suono della Terra
il Sole ch'ogni giorno sorge
il Sole, che ora tramonti!

E' Notte sorella d'Amore
m'è complice quando Lui voglio incontrare.

sabato 13 novembre 2010

Per far incrociare gli occhi, ho sfilacciato la sensazione

Quell'abisso                                                           una calamita
il ritratto del Tutto                                                  di freddo ferro
la collisione                                                            evita l'inevitabile
movimento                                                             chinesis

Il silenzio                                                               un rintocco
questi corpi                                                           di passione bollente
l'attrazione                                                            traccia l'infinito
staticità                                                                 abbandono

I sensi                                                                   miasmi
il nostro inverno                                                    di pallidi raggi
la fine                                                                   attende intrepida
tremore                                                                fremito


Siamo in un abisso
Siamo calamite
ci spezziamo
ci guardiamo languenti
noi non possiamo
noi non ci sfioriamo

Siamo attratti dall'abisso
Siamo nel ferro ibernati
ribolliamo d'attesa
ci lasciamo sul limite

Noi vibriamo affini
torbide anime intense.

venerdì 12 novembre 2010

Il mio amico Costantino

Nulla ho mai visto di più bello
di un uomo anziano che legge poesia
su una panchina in centro:
lui profuma di caffè.

Kavafis accarezza e il vento
legge da sopra la sua spalla.
Ha 26 anni e niente da fare
se non come ogni anziano stare
e bere il suo caffè.

"Costantino è il suo nome;
in greco, molto simile"
mi dice e sorride
presentandomi un amico.
A 26 anni è anziano e solo
la poesia, legge in centro.

mercoledì 3 novembre 2010

Notturno

Gocce di pioggia
frammenti di luna
la tua bocca dischiusa
un bacio ammalato

Gocce di pioggia
frammenti di catene
denti su schiene
il cuore è affamato

Gocce di pioggia
frammenti di mondo
l'occhio nascondo
l' animo è celato

Di nuovo la notte
i sogni raduna
gocce di pioggia
frammenti di luna.

Future reflections

Padova.
Copyright: Evans don't surf



Dopo tutti i viaggi nel tempo
da cui torneremo uguali a prima
ma con la disperazione sui vestiti
Ebbene, io mi fermerò a riflettere il futuro
poiché nulla di quello che è accaduto
potrà mai preparare al domani.

Leggerò nelle incisioni lasciate nel cielo
Ascolterò nelle conchiglie a pezzi sparse
Toccherò sui tuoi piedi gelidi e nudi
Ciò che un giorno potrebbe effettivamente essere
quello che ancora non mi si era mostrato.

La verità!
Un grido comune
temetela, uomini,
codesta bestia è insana e immorale.

Tutto ciò su cui si può ancora contare
è l'erba bagnata su cui morire
e i capelli rossi che sono un gene in estinzione
le altalene e il loro eterno far sognare
un amore che più sporco mai s'è visto.

Vedrete, vivrete.

lunedì 1 novembre 2010

I fari sembrano diamanti

Nel silenzio della casa addormentata, una luce lontana mi dice che solo il fratello è sveglio, dall'altra parte del corridoio, alla distanza di cento piastrelle bianche e freddissime.
Insonnia inevitabile mista ad una stanchezza indescrivibile: è stata una lunga domenica.

E sento il bisogno di scrivere che
ho fatto quindici sogni diversi (di cui tre a occhi aperti)
ho visto più di duecento persone
ho sentito la mancanza di una persona sola
ho riflettuto per ventidue ore
ho visto cose deludenti per tre ore e mezza
ho preso quattro litri di acqua in testa
ho avuto molto freddo
ho avuto voglia di parlare tutto il tempo
ho parlato con il cane per tre minuti
ho ricevuto zero abbracci
ho provato felicità due volte
ho canticchiato per quarantatrè minuti
ho sperato che il sole calasse prima settantacinque volte
ho delirato solo una volta, questa
ho fumato solo quattro sigarette

di cui l'ultima un minuto fa, sul balcone ricoperto di pioggia, a piedi nudi e senza maglietta, ascoltando a fatica gli Arcade Fire e i parti della mia mente, ammirando tutte le finestre della via sbarrate e le luci emanate dai lampioni inframmezzate da gocce sottili, amplificando fra me e me i suoni dei pochi motori che sono passati, ardendo per l'elettricità che mi scorre nelle dita, aspettando che finisse di bruciare la punta del mio dolore, arrugginendomi l'anima a stare così all'umido, ammalandomi per la difficoltà che ho ad esprimermi,
amando la bellezza di quel momento a tal punto che ho pensato: c'è sicuramente di che sperare.

sabato 30 ottobre 2010

Ballerini cosmici

E per un istante
azzurro,arancione e rosa
hanno danzato fra le nuvole
per te, che sei un passante.

Se la notte mi sei appartenuto
in un secondo loro
ti hanno stregato:
competere non avrei potuto.

I loro veli da ballerini
più naturali, mistici e afasici;
scettici e plastificati,
meno seducenti gli stracci miei ferini.

Maledetta sia la nube che ha deciso
che in questo secondo un altro era il suo posto
dov'era poi stanotte, che col mattino
la mia illusione ha ucciso?

Non ti posso più ammirare,
in vapore mi sento trasformare,
ma tu, mio cuore, non devi disperare;
grazie a me stanotte i ballerini potrai amare.

mercoledì 27 ottobre 2010

Ero su di un' immensa isola
a pensare, a pensare.
La sabbia mi entrava nelle mani
e stavo lì, a parlare,
a parlare
a voce bassa, nel nulla,
nel nulla.

Ricostruivo la mia vita
con le onde dell'immenso mare,
del mare.
Ed ero sempre più lontana
così lontana
dall'accettare la mia condizione
su di un' isola immensa
lontana.

lunedì 25 ottobre 2010

Le gazze ladre

Le gazze ladre si squadrano
diffidenti.
Le gazze ladre stanno
su un tetto rosso,
due per tegola
si squadrano
per tutto l'autunno.

Le gazze ladre si stagliano
contro un cielo color sangue:
hanno rubato il sole
e lo vogliono portare
(com'è luccicante!)
nei loro rossi nidi.

Le gazze ladre hanno rubato il sole
e lo sanno.
Si squadrano diffidenti:
aspettano la giustizia
di un tramonto invernale.

sabato 23 ottobre 2010

Eden

Viviamo nell'Eden nascosti
e dissetiamoci del vino
che sgorga dai nostri corpi
da corse al sole affaticati.

Ti piaccia questa vita illimitata
e i nostri piedi in gara sulle erbe:
non curarti di quel sanguigno colore,
che invada il tuo ladro volto!
 Tanti ha rubato da me
ebbri sguardi infiniti
il piacere dell'essere..

Viviamo sì nascosti per l'eternità
nell' Eden ch'è il nostro oblio,
l'ignoranza del Grande Mondo in ginocchio
lontano da noi.
Giochiamo, amiamoci serenamente!

E voi ancora non considerateci,
per sempre non svegliateci:
questo sogno, è troppo bello
per imprigionarlo in realtà.

domenica 17 ottobre 2010

Al bambino che ha paura del buio e sparisce al sole che c'è in C. Bukowski

Guarda! li vedi anche tu?
Guarda!
Gli spiriti neri della notte
giocano a poker
fumando sigarette di contrabbando
e bevendo alcol stantio:
eppure la posta in gioco è alta!

Ma non piangere, non avere
paura
se li guardiamo tutti e due
da qui distesi su questo letto
nel buio e soli
non importa che tu sia un bambino
un bambino con i capelli bianchi
che puzzano di whiskey
non importa
se mi abbracci non avremo
paura.

Diamine, che bleff!
Quello col cappello di carta
si aggiudica tutti i miei denti
non ridere, erano la posta in gioco
e ora non posso ridere con te
Come? Cosa?
Dici che sarò
pagliaccia ancora migliore?
Mah, non lo so, vedremo.

Gli spiriti neri della notte
continuano a giocare a poker:
la posta in gioco, quant'è alta!
Sì, l'ho visto anch'io,
lo spirito nero della notte baro
ha un asso
infilzato nel cranio
sotto al cappuccio ampio
non credi sia un'offesa
a questa nostra pura alcova?
Maledetto
si aggiudica tutto il mio amore
tutto
Mi guarda ridendo
e se lo getta sotto i piedi
No, non ti arrabbiare
Dio sa
sta meglio lì dov'è.

Ti sento tremare,
vuoi stringerti a me?

Gli spiriti neri della notte
continuano a giocare a poker
e perchè ora gridi?
perchè stai scalciando?
Quello spirito nero della notte
ha fatto l'All in
Non ricordo la posta in gioco
in cosa consista
ma è alta, è veramente alta
Scala reale!
Dev'essere fortunato
ma non gridare, senti lui com'è
silenzioso!
Ah.

I sogni erano in gioco.

Il sole è un'onda bagnata
sto stringendo lenzuola madide
di sudore pallido
gli occhi sbarrati
l'anima stretta al collo
Gli spiri neri della notte
due pacche sulle spalle
l'ultima sigaretta
se ne sono andati
I sogni erano
in gioco
Potrei ancora diventare
astronauta, gatto
ginecologa, artista
cuoca, spazzina
sedia, cantautrice
prostituta, giocoliera
maestra, portinaia
francese, vagabonda
mamma, regista
disperata, commercialista
ma non sarò mai
una poeta
e diamine,

a quello ci tenevo.

giovedì 14 ottobre 2010

Il poeta triste

C'era una volta un poeta che era davvero molto, molto triste.
Ogni giorno scriveva tantissime poesie sulla sua tristezza, e poi le metteva fuori dalla porta in mucchi di fogli.
Così al mattino la gente passava e li raccoglieva, e considerava il poeta triste il più grande poeta di tutti i tempi, perchè tutti sapevano a memoria le sue poesie sulla sua tristezza, e le scrivevano sui muri, e se ne parlava nei bar, e nelle scuole.
Il poeta triste era triste perchè le sue dita non si macchiavano mai dell'inchiostro nero con cui scriveva le sue poesie, e aveva tutta la pelle bianca: infatti tutti credono che la tristezza sia nera, invece è bianca, bianchissima, tanto che acceca chi la guarda e dopo non si riesce per un sacco di tempo a vedere più niente di niente.
Insomma, il poeta triste era sempre molto triste.
Un pomeriggio si addormentò sul divano, e dormì per moltissimo tempo.
Quando si svegliò, fuori dalla finestra era tutto bianco, ma nel suo soggiorno c'era un tappeto che non c'era mai stato.
Era davvero un tappeto bruttissimo: tutto nero, informe e pieno di bozzi e nodi.
Il poeta triste non riusciva a smettere di guardarlo e di pensare che era il tappeto più brutto che avesse mai visto, tanto che decise di disfarlo e provare a renderlo più bello, dato che doveva per forza stare nel suo soggiorno.
Per intere notti e interi giorni strattonò e strappò, tirò e snodò, tagliò e sfilacciò: per intere notti e interi giorni tinse ogni filo del tappeto con quanti più colori riuscì a trovare; per intere notti e interi giorni ricucì e tesse affinchè il tappeto bruttissimo diventasse bello liscio e soprattutto il più variopinto possibile.
Non scriveva affatto, e se per alcune notti e alcuni giorni la gente passò a controllare se fuori dalla porta ci fosse qualche foglio da raccogliere e ricordare, dopo un po' di tempo si stufarono, e il poeta triste venne dimenticato, come ci si dimentica qualche volta di ricercare ciò di cui si ha bisogno.
Nel frattempo il poeta era diventato molto vecchio, ma arrivò il giorno in cui finalmente finì il tappeto.
Era diventato un tappeto davvero meraviglioso, come non se ne sono mai visti: sembrava fatto di mille soli e mille giornate azzurre, e di mille raggi di luna e mille crepuscoli caldi al tempo stesso.
La trama sembrava raccontare una bellissima storia d'amore, e al tempo stesso portava a ricordare i giorni in cui si combatte contro l'odio.
Per non parlare poi di quanto era liscio, e fluido: sembrava quasi un liquido, un elisir di lunga gioia.
Il poeta lo guardò con orgoglio, e si rese conto di non essere più il poeta triste, ma il poeta più felice del mondo. Così decise di condividere con tutti il suo tappeto, perchè ormai non è che dovesse più stare per forza nel suo soggiorno.
Solo che la porta, dopo così tanto tempo, si era arrugginita, e non riuscì ad aprirla.
Allora andò alla finestra, e sciolse in tantissimi fili il suo tappeto, affinchè ciascuno potesse averne uno solo per sé: ma quando spalancò la finestra, fuori era tutto talmente bianco che venne accecato e gli sfuggirono fra le dita tutti quanti.
Quando riuscì a tenere un po' gli occhi aperti, e si guardò le mani, accadde una cosa incredibile: non si accorse che non stringevano più nulla, bensì che aveva le dita completamente ricoperte di migliaia e migliaia di colori, a furia di tingere ogni filo del tappeto.
Così il poeta non più triste si mise a ridere fortissimo, e si dimenticò come smettere di ridere, e dato che era davvero molto vecchio, morì, col sorriso sulle labbra, che pure erano colorate come tutto il resto della pelle.
I fili invece erano caduti ovunque: sulle strade, sugli alberi, sui letti nelle case, sulle scuole, sui tetti, sui palazzi dei governi, sugli scioperi, sugli uffici, sulle televisioni e sui sogni, e nel bianco che c'era dappertutto si notavano moltissimo: ma la gente non aveva più bisogno della poesia, e non se ne curò.
Solo gli amanti, i pittori, i bambini, i musici, i filosofi, gli insegnanti, i cantastorie e persino gli stessi poeti si chiesero a lungo cosa fossero, e piano piano li raccolsero tutti: quando li facevano scivolare fra le dita, gli amanti s'ispiravano, i pittori vedevano immagini dolcissime, i bambini cominciavano a cantare, i musici a comporre, i filosofi a sorridere, gli insegnanti a fantasticare, i cantastorie a girare per le città, e i poeti a pensare.
Così ognuno di loro prese l'abitudine di avere un filo tutto per sè.
Ma io adesso sento che è arrivato il momento di smettere di raccontarti questa storia, perchè mi sembra proprio di aver perso il mio.

sabato 9 ottobre 2010

Il paradiso in terra

L'inferno si stiracchiò
le braccia alte sopra la testa
e furono i raggi del tramonto
della mia esistenza.

I laghi blu profondi
tremarono sotto i miei piedi
e furono le lacrime
sul mio viso.

Le fronde degli alberi
si piegarono al vento dolente
e fu la paura
nelle mie braccia, nelle mie dita.

Poi il cielo si squarciò.

Le nuvole si ruppero e la terra si sbriciolò
in mille diamanti.

Gli animali corsero al riparo
urlando "E' il PARADISO!"

E io non seppi assolutamente cosa fare.

mercoledì 6 ottobre 2010

E poi, nessun suono

Ti ho solo visto
passeggiare lontano così
eppure scorre ora vicina
una nostalgia amara.

Paragoni e ironie
sono sintomi di malinconia:
i tuoi passi rieccheggiano
ancora, là dove la tua voce
è silenziosa.

Credevo che Amore
fosse un gran chiacchierone
e insomma mangiandosi le unghie
da queste parti urlasse sempre.

Ma se pure sono sì tappate
le mie orecchie, io sì sorda,
nonostante i sensi diversi
che pare tutto abbiano silenziato,
ancora posso vederti passeggiare
negli angoli della mia mente.

lunedì 4 ottobre 2010

Termometro a 39.94

Mi mangi da dentro
da dentro mi scaldi
Sei madre terribile
di ore infinite.
Il sudore sulla fronte
son le lacrime che spendi
la tua testa sulla mia
a tenermi la mano
sulla fronte umida.
Gli occhi più rossi
i piedi più freddi
mostri popolano le mie palpebre
e sogni non vedo
me li copri con i tuoi discorsi.
Vorrei dormire
ho tanto bisogno di dormire
e tu mi parli
a voce altissima
mi dici che ho ragione
che ho sempre avuto ragione
e che la prossima settimana
non sarà così
Ma ti scappa da ridere
tu già lo sai
non ci sarà
nessuna
prossima
settimana.

Adesso mi baci
sulla fronte umida
e un vago senso di rimpianto
nel petto
mi lasci.

Stanotte sono sul punto di volare

Ancora una possibilità
di diventare Vivo
ti offre il mondo
stuzzicando il tuo ego ferito.
Corri fino a incontrare
d'Ercole le colonne:
i confini di un infinito
che ti spezzerà le gambe.
Prova a diventare
ciò che brami essere
Continua a tentare
c'è ancora una maledetta possibilità
di diventare Vivo.

giovedì 30 settembre 2010

Giocoliere

A mio padre.

Sei un uomo
e lanci in aria
i tuoi sogni
tre per mano
in sacchetti colorati.

Risplendono nell'etere
come mille soli
di mille parole mai
dette alla gente per strada.

Stamattina ho truccato la tua faccia
nessuno può vedere
i tuoi occhi tristi
dietro l'ombretto amaranto.

Nemmeno tuo figlio
dall'altra parte della strada
legge sulla bocca, sul rossetto
le mille notti bianche
le mille parole mai
dette a tuo figlio
sulle tue ginocchia.

Ti sfugge uno dei sacchetti
mille dei tuoi sogni
mille delle tue lacrime sempre
applaudite dalla gente per strada:
non sono forse
parte dello spettacolo?

mercoledì 29 settembre 2010

Al posto del cuore nel petto, una penna in mano

Ti vorrei sollevare
su braccia d'amianto blu
che sono impossibili
come i sogni che soffio
su di te.

lunedì 27 settembre 2010

La colpa della collisione è esclusivamente da attribuirsi a.

Sento un po' come se il mondo fosse fuori
e sta girando veramente velocemente
Sento un po' come se il mondo fosse dentro
e mi sta passando fra le dita
facendo un rumore insopportabile
anche se non sta cadendo a terra
la terra.

giovedì 23 settembre 2010

Risorgimento

L'altro giorno mi sono sentita strana, e sono andata in piazza Risorgimento, sotto la statua di San Francesco che tutto guarda e tutto vede, ma pure niente abbraccia con le sue mani di granito.
Mi sono seduta ai suoi grandi giganti piedi sperando che mi desse un po' di conforto, e da lontano si stava avvicinando un uomo.
Indossava dei pantaloni bianchi, e una polo azzurra. Lo vidi attraversare la strada tra mille macchine che cominciarono a urlare e a puntare le zampe per terra, come ogni bestia che venga spaventata e voglia sentirsi più potente, e pensai che quell'uomo fosse pazzo.
Teneva infatti le mani incrociate dietro la schiena, e metteva un piede davanti all'altro solo dopo averlo osservato a lungo, come se un semplice arto possa davvero aiutare a muoversi nel mondo, e i capelli bianchi e lunghi erano schiaffeggiati dal vento, pure non sembravano svegliarsi.
Pensai che quell'uomo fosse pazzo, perchè muoveva la bocca come a sussurare a questo arrogante vento tutti i suoi pensieri.

Quando approdò sull'isola dove la mia statua orgogliosa si ergeva insieme a quella di San Francesco, lo osservai mentre si avvicinava a un altro uomo e gli urlava qualcosa gesticolando molto, per poi allontanarsi lasciandosi alle spalle uno sguardo sconcertato, forse un po' imbarazzato, sicuramente arrabbiato.
Poi si chinò ad accarezzare un cane, e sorrise come se si aspettasse una smorfia di ricambio, una zampa o un segno amichevole. Il cane lo annusò diffidente e scappò, anche la coda sdegnata, e davvero fui quasi convinta che quell'uomo fosse pazzo.

Cominciò a salire le scale e probabilmente mi vide, ma come ho giò detto, io quel giorno mi sentivo strana, e non m'importava più di tanto che un forse pazzo venisse a invadere i miei così chiamati spazi vitali.
Così insomma si sedette al mio fianco e mi chiese una sigaretta, fumammo insieme in silenzio e non riuscivo a pensare ad altro che alla sua pazzia.

E cominciò a parlarmi di Aristotele e dello stoicismo, delle correnti d'aria e delle statue di granito, dei bambini che attraversano senza guardare e della vita che continua tra mille pericoli, delle stelle e dell'influsso della luna, dei cani che sono come i padroni, dei veri padroni, dell'amore e dei tesori nascosti in un segreto intimo.
Tracciò nell'aria alcune figure geometriche e mi spiegò che erano una stronzata, e che l'armonia era data dalla bellezza infusa in ogni forma. Rise al ricordare che bisogna ricordare gli atomi e i legami che li tengono uniti, lui sapeva solo che non si sarebbero mai divisi; e mi confidò che quando udiva una lingua straniera traduceva solo gli occhi di chi parlava. E infine mi parlò di famiglia e chiesa, di colori e nuvole, di musica e biciclette, di caffè e giornali stracciati e venditori ambulanti e occhiali da vista e cioccolato e soprattutto di ottobre, perchè voleva portarsi avanti, aggiunse.

Volle stringermi la mano, e quando fece per andarsene io ancora non avevo detto nulla, perchè intimamente sentivo il momento speciale che in quel quarto d'ora era stato il mio personale mondo, al di fuori da tutti i limiti e pregiudizi, lo sentivo leggero nel petto come il vento che piegava gli steli d'erba in piazza Risorgimento.

Così salii sulla bici, e tornai a casa pedalando molto in fretta.
Forse ho sentito una donna dire a sua figlia, mentre le passavo accanto:
"Questa è pazza".

martedì 21 settembre 2010

Josif A. Brodskij, Verso il mare della dimenticanza

Verso il mare della dimenticanza

Non è necessario che tu mi ascolti, non è importante che tu senta le mie parole,
no, non è importante, ma io ti scrivo lo stesso (eppure sapessi com’è strano, per me, scriverti di nuovo,
com’è bizzarro rivivere un addio…)
Ciao, sono io che entro nel tuo silenzio.

Che vuoi che sia se non potrai vedere come qui ritorna primavera
mentre un uccello scuro ricomincia a frequentare questi rami,
proprio quando il vento riappare tra i lampioni, sotto i quali passavi in solitudine.
Torna anche il giorno e con lui il silenzio del tuo amore.

Io sono qui, ancora a passare le ore in quel luogo chiaro che ti vide amare e soffrire…

Difendo in me il ricordo del tuo volto, così inquietamente vinto;
so bene quanto questo ti sia indifferente, e non per cattiveria, bensì solo per la tenerezza
della tua solitudine, per la tua coriacea fermezza,
per il tuo imbarazzo, per quella tua silenziosa gioventù che non perdona.

Tutto quello che valichi e rimuovi
tutto quello che lambisci e poi nascondi,
tutto quello che è stato e ancora è, tutto quello che cancellerai in un colpo
di sera, di mattina, d’inverno, d’estate o a primavera
o sugli spenti prati autunnali - tutto resterà sempre con me.

Io accolgo il tuo regalo, il tuo mai spedito, leggero regalo,
un semplice peccato rimosso
che permette però alla mia vita di aprirsi in centinaia di varchi,

sull’amicizia che hai voluto concedermi
e che ti restituisco affinché tu non abbia a perderti.

Arrivederci, o magari addio.
Lìbrati, impossèssati del cielo con le ali del silenzio
oppure conquista, con il vascello dell’oblio, il vasto mare della dimenticanza.

(Josif Aleksandrovič Brodskij )

Prima citazione.
A 18 anni il primo esordio in una rivista clandestina, un uomo, Josif Aleksandrovic Brodskij, che porta le sue idee come uno stendardo sulla fronte.
Un orgoglio che viene subito premiato, è una brezza che soffia arrogante, nuova e bollente, nel gelido mondo sovietico; successivamente, a distanza di pochi anni, nel 64, il primo tentativo di repressione.
Il risultato di un processo scandaloso e scandalizzante sono 5 anni di lavori forzati, il germe di una prossima espatriazione che nel 72 porterà Brodskij negli Stati Uniti, dove già la sua opera è riconosciuta e ammirata.

Da qui la strada punta verso le stelle, dissipate le nuvole ad offuscare l'estro poetico di un artista che in questa poesia ci accompagna in una passeggiata, prendendoci sotto braccio, ed all'insegna del silenzio, nei luoghi di un amore finito e guardato con una sottile vena di nostalgico rimpianto, che pure non gli impedisce di apprezzare ciò che è stato ricevuto, nè di lamentarsi che tale riconoscenza non sia ricambiata.

Al termine di un lungo inverno il poeta si permette di disturbare l'imperturbabilità di una donna che ha amato, e se la primavera porta con sè nuova vita e colore, egli preferisce perdersi nella dolcezza di un momento intimo fatto di tracce sull' anima, conservate accuratamente, nel tentativo di trascinare con sè questo tu ricorrente cui si rivolge, ad evitare un viaggio disperato e senza speranza verso il mare della dimenticanza.
Viaggio che talvolta non può essere impedito nemmeno dal dono che a sua volta, alla fine, all'ultimo momento, quando già tutto è finito e rimane solo un luogo chiaro fatto di immagini nella mente, Brodskij si permette di lasciare in pegno, in segno di riconoscimento: l'amicizia che in passato, e forse non intenzionalmente, ricevette a sua volta, che gli aprì gli occhi dello spirito su cose nuove nel mondo {cfr.
che permette però alla mia vita di aprirsi in centinaia di varchi}.
Non lo chiede indietro, l'ultima stanza assomiglia più a un saluto finale, a un malinconico addio che contiene in sè un'esortazione a essere vincente, a possedere il mondo con la propria essenza, la stessa essenza che possedette il suo cuore, e dall'altro il cupo timore dell'ulteriore possibilità che un individuo può trovare sul proprio cammino arrivando a un certo punto della propria vita: salpare sul nero vascello dell'assenteismo, dell'apatia, dell'indifferenza, e affondare, seppur incoronati, nel denso mare della dimenticanza.

Importante lo sfondo silenzioso che viene imposto: il poeta non si cura di essere udito dall'antico amore, che è pure a sua volta silenzioso ormai, ed è lì ad accoglierlo quando bussa alle sue porte. E sempre silenziosa è la gioventù che concorre ad allontanarli, e infine del silenzio sono le ali che potrebbero condurre a un finale migliore lo stato di solitudine raggiunto ormai da entrambi.

Nel 1987 Brodskij ricevette un Nobel per la letteratura, e 4 anni dopo venne insignito della carica di poeta laureato statinutense, per morire nel 96, solo, nel suo appartamento, all'età di 56 anni.
Tutto ciò che posso ancora ricordare è che non solo egli si è librato, a lungo, ben al di sopra di quel mare di dimenticanza, ma permette ancora una volta attraverso l'amore di impossessarci a nostra volta del meraviglioso cielo che quasi sembra solo aspettarci, lassù.


Giudice: Qual è la tua professione?
Brodskij: Traduttore e poeta.
Giudice: Chi ti ha riconosciuto come poeta? Chi ti ha arruolato nei ranghi dei poeti?
Brodskij: Nessuno. Chi mi ha arruolato nei ranghi del genere umano?
(Estratto dagli atti del processo del 64)

domenica 19 settembre 2010

Ad un uomo virtuoso (S.A.)

Occhi bianchi
senza pupille
sfidano la morte,
tastano l'infinito.
Occhi bianchi
mi seguono
seguono me,
il mio animo sfinito.
Occhi bianchi
mi fanno compagnia, tu

sei partito.

venerdì 17 settembre 2010

4.57 a.m.

Dormi fino a mezzogiorno
e ti dimentichi
di spegnere la luce
dentro di te.

Così io la guardo
guizza a ogni tuo respiro:
nel tuo petto si espande
un'alba infinita.

I tuoi capelli
sono la poesia in vita
dei tuoi pensieri attorcigliati:
mi stai sognando, amore mio?

Ti guardo mentre dormi,
tu sorridi nel sonno.

Good times, good times.

Nuovo blog, chissà per quale motivo.
Un po' stile lucertola, che lascia la coda staccarsi quando sente che è finita, per andare a farsela ricrescere da qualche parte, le mie parole in nero sfondo grigio ora sono qui..

Good morning, world.