mercoledì 30 marzo 2011

All imperfect things.

A M.B.

Mi sento i capelli morbidi lunghi
il successo di una pigrizia languore
mugolo.

che meraviglia
oggi la Noia è verdeazzurra
luccicante lenta
che sbrilluccichio
posso fare qualsiasi cosa

Carezza la testa morbida lunga
lasciami lasciarmi abbandonare
non c'è nessun altro significato
è questa la mia ricchezza:
voler lasciarmi abbandonata a te

inutile insania illusione
ho i denti pesanti aguzzi
e mille macigni nelle mani molli
ma chi si vuole muovere?

Qui si sta tanto bene
ma si sta e basta
e basta a star bene

ironico, tu lo sai
è che ti sei seppellito vivo
ma caldi sono i sensi bollenti
le tue dita sul mio viso

Amami che ti resuscito
cinque volte di seguito
se mi ami mugolando
pigro languido verdeazzurro.

lunedì 28 marzo 2011

Blub.

La Noia, oggi, è tornata a trovarmi.
Roba da affogarci, la testa sotto quella grande massa pulsante e gialla che mi rappresenta e piccole, sparute bollicine di respiro moscio su, sulla superficie. Blub.

Più che altro perchè non me l'aspettavo, mi ha colto alla sprovvista; il minuto prima stavo lentamente tornando a casa dopo un lunedì pomeriggio qualsiasi, ed ero tranquillissima, quando in un secondo, tempo di girare l'angolo, la Noia, proprio lei, signori, con il suo cappello di feltro e il lungo bastone bianco, mi stava già fissando maliziosa, pronta a prendermi a braccetto.

Che oramai mi conosco, sapevo benissimo cosa fare, prima che veramente mi si appoggiasse alla pelle e mi impedisse di intellettualizzare per un po'; mi conosco, altrochè, e il pacchetto che ho comprato era delle sigarette più leggere che mi riuscisse di trovare (ridevo mentre pagavo, perchè pensavo agli attori dei film degli anni 40 che dicono "Mi accendo una bionda").

La cosa meravigliosa è stata vedere una sedia abbandonata in mezzo al parco sotto casa; una bellissima, nostalgica sedia abbandonata proprio nel mezzo, se ne stava lì con tutte le erbacce e le bottiglie di birra spaccate intorno, sopra, addosso, senza fare niente se non aspettare la mia Noia.

Son stata lì  seduta con le gambe accavallate a guardare le sigarette passare da venti, a dodici, a otto, a quattro, ammazzavo il tempo e il respiro nel disperante rimandare, ma è stato inevitabile:
siamo rimaste sole, fuori dal fumo artificiale.

E c'era questo cielo che si tingeva di giallo, così come le case attorno, e l'erba stessa, la sedia, i miei vestiti, le quiete biciclette dei bambini, le coppie di anziani, il gelataio, il pacchetto vuoto, le mamme, i cagnolini e i loro bisogni borghesi, i negozianti amici, l'arrotino, i film degli anni 40 e l'orrore, dio mio, l'orrore
La Noia ha sputato su tutto mentre mi obbligava al silenzio più assoluto.

Allora mi sono sfiorata il naso perchè ancora ci volevo provare a convincermi che non mi stessi trasformando in parte di quella massa pulsante e gialla che mi rappresenta, che mi annoia da morire, ma mi sono sentita la faccia molle, gli occhi spenti, le dita languide.
Il vento soffiava leggero, ed era giallo pure lui; mi ha tinto i capelli di biondo, biondo, ancora quel biondo dal sapore giallastro e nauseante, che pulsava lentamente, come ogni altra cosa in quel momento; di una lentezza inesauribile e violenta.

Che silenzio, signori, che silenzio. Nulla poteva disturbare l'ironica apatia di quell'istante.

Così non funziona, sorridendo ho bisbigliato alla Noia, ma lei già si era stufata di stare a guardarmi; passeggiava distante, su e giù, battendo forte il bastone a terra e continuando a sputare in giro.
Il peggio doveva ancora venire.


Perchè è cominciato il turbinio funesto di poesiole miste a frasi e illusioni mentali, la pazzia galoppava nuda su cavalli di gomma e cartapesta e io cadevo nel nulla mentre i sogni pulsavano di giallo e l'unico desiderio era il nulla, per contrapporlo (almeno giustapporlo, suvvia) a quelle grandi ipocrisie idealistiche che affollano ed esaltano il mio ego, infiammandomi lo spirito di fuochi artificiali e scoppiettanti, colpendo seccamente e facendo risuonare di sensazioni uniche, da non ripetere, quelle belle scenografie di colori gialli gialli gialli che mi porto dentro e mi obbligano a credermi speciale, e la Noia, tempo fa, ha decapitato col bastone tutti i miei fantocci artistici, e qualcuno mi spiega perchè adesso sta ballando lontana, via da me, via dal parco abituale?

Mi sono alzata incamminandomi nel giallo e, insieme ai continui "mi" riflessivi, mi ripetevo per sopravvivere
No, davvero, così non funziona affatto.

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A trascivere queste parole, ho riso come una pazza.
Nel tepore di casa, nel grande amore che succhia queste pareti fra il pianoforte, quel quadro e il libro di greco, la Noia non ci vuole mettere piede, manco morta.

sabato 26 marzo 2011

Sabato: non bisogna avere Paura.

S. mi ha scritto.

"Anche se adesso non riesci a sentirla, quella Bellezza, non significa che tu sia morta.
E finchè riuscirai a percepire anche solo la sua assenza, non potrai mai esserlo.

I cadaveri sono fuori: attraverso di te sola possono ripulsare e il sangue ricominciare a scorrere, dal freddo al caldo, come ora t'impaurisci a non sentire la pelle farsi d'oca e i peli sulle braccia rizzarsi impavidi in questa giornata di sole.

Gli Ideali che guidano la tua vita sono entità astratte: è certo che, finchè non permetterai loro di passare attraverso la tua carne e illuminarti lo spirito di innumerevoli riflessi, essi non diventeranno mai una presenza concreta in te, ma continueranno a prendere corpo feticcio in quei cadaveri che affossano i tuoi incubi e le tue ore.

Permetti alla Vita di diventare tua.

Per quel che mi riguarda, sono sempre stato orgoglioso della tua cristallina purezza, del tuo spirito spontaneo e sincero.
Non permettere a nessuno di screziarti l'anima."

Ho pianto forte. Anche se nessuno mi ha mai insegnato a piangere.

martedì 22 marzo 2011

L' abbandono.

Scegli d'abbandonare il padre
abbandona la casa e il seme
lasciato per te su nuda roccia
- si nasce come erbacce.

Abbandona della madre i larghi fianchi
dimenticàti i grassi pranzi coi parenti
e quegli sguardi gravidi d'aspettativa
cadaveri ebbri di vermi

La rabbia sotto le fresche lenzuola
estive, le cinture e i pulsanti segni
delle lotte quotidiane
tutto lascia

desidera l'abbandono solo
come se fosse la chiave di un sacro tempio
in cui entrare a passo leggero,
tu idolatra dello spirito eroico
vivi la tragedia, la tua storia,
abbandònati.

lunedì 21 marzo 2011

Ricordi (Estratti, parte 2)

Il genere di cosa che ti lascia paralizzato per una serie di minuti interminabili.
Che hai paura delle conseguenze, perdi tutta la tua eloquenza, ti senti l'ipnosi negli occhi.

E avevo pensato di volere una stanza insonorizzata e tutta bianca, con una luce di quelle che spara, grandissima e all'aperto, da cui non si potesse uscire.

[...]
Mi ricordo di quando fu il turno di Mallarmè, e avevo solo sei euro in tasca.
Avevo trovato questo libro consunto e giallo che ne costava quattro e cinquanta, odorava vagamente di muffa e dentro era molto scritto, gli appunti di qualche francese svogliato: ora è uno dei miei preferiti.

[...]
Stavo aggiungendo: mi fa male la testa. Ma mi si impastò la lingua, e non continuai.
Però lui tirò fuori il portafogli e mi diede un Oki, dicendo che gli succedeva sempre, e che lo stesso non l'avrebbe trovata una cosa strana. Sul momento l'avevo sentito molto vicino.

Solo più tardi mi venne in mente che lui se li fumava, gli Oki.

[...]
Ero al mare quando mi comunicò che aveva deciso di tingersi i capelli di verde, e adottare un gatto per il suo appartamento.
Anche lei era già da qualche altra parte, nel tempo e nello spazio (io oramai avevo stretto amicizia con la sua segreteria telefonica) a ricostruirsi pian piano : tutto quello che riuscii ad immaginarmi furono una foto luccicante, a testa in giù con una smorfia buffa, e qualche pelo grigio sul divano rivestito di coperte patchwork. Dovetti sforzarmi molto per riprodurre nella mente i suoi occhi e le sue mani.

Tempo dopo, l'incontro casuale: una chioma più bionda che mai e una terribile allergia ai gatti, perfetto sfondo per il mio sorriso stupito che non si riusciva assolutamente a trattenere.

sabato 19 marzo 2011

"Noi" sta per quelli che oggi hanno sofferto nella stanza dagli spicchi di luce.

Le tende blu
ti mangiavano, luce
e tu sei ombra
del sole che fuggiva
lontano da qui.

Così si proiettano
diamanti azzurri
sulle pareti di buio
e sfere di cristallo - gli occhi
fissi luccicano nel tempo
sciolto sulle piastrelle.

Una voce monotona
avvinghiata al silenzio
si accoppiano - si concepisce
la Noia.

e tu, luce
a pezzi in spicchi
come noi che in quieta veglia
ascoltavamo passivi
agiti da eroi dei tempi antichi
assordati da astratti dati inquieti

perchè ci vogliono emuli,
e muli, i ladri di azzurri diamanti,
persecutori del sole,
mangiatori di luce..

quella voce monotona
è ora a terra
ancora tremante
sopra il tempo, fremente;
dal piacere sconvolta,
incessante si agita a terra.

La Noia vomita il primo vagito
e il tempo precipita
sparisce, le tende blu
si sbarrano noi
sbarriamo gli occhi.

She was born to be my unicorn.

Ha i gialli capelli sempre più corti
e cerbiatti occhi dal sospetto contorti
che anche da chiusi mi cercano dentro
ma di guardarli ora non me la sento.

Per ora mi basta il continuo memento
di quel distante freddo momento
per ora mi basta ammirarlo all'interno
della tomba che costruimmo, quell'inverno..

Lei era nata per essere il mio unicorno
e mi terrorizza il continuo ritorno 
della promessa sorta dal lamento
nella notte di disperato sentimento

quando ai piedi del letto sorsero lenti
gli scomparsi fantasmi dai denti
aguzzi, frementi per il quieto rancore

ma tu non sopporti le mie rime dal cuore,
vattene adesso che non posso vederti
zittirmi, i miei sogni scoperti:

la sola cosa che ti lascerò dentro
è una gentile parola di ringraziamento.

giovedì 17 marzo 2011

La strada quotidiana.

A ogni passo un peso
si somma nel petto
cinto da un muro
stagliato in controluce.

A ogni passo un nemico
si accompagna sul ciglio
bagnato della strada
quotidiana nel giorno del ritorno.

A ogni passo una folla
si lamenta incessante
divincolandosi nel passato
lastricato di cemento.

A ogni passo una sensazione
si palesa incombente
forte della nostalgia
delle lotte civili appassionate.

E un senso di appartenenza
pervade la strada quotidiana
sbarrando gli angoli degli occhi
di nausea e riconoscenza

una muta richiesta
di rivoluzione
si sporca del sangue
delle labbra spaccate.

lunedì 14 marzo 2011

Nel complesso.

Ho rivisto una vecchia conoscenza e mi ha dato come l'impressione che vivesse la sua vita come un obbligo, una forzatura verso un ipotetico qualcosa non abbastanza degno di attenzione, un' inerzia costante nell' avvicinarsi alle profondità.
Mi ha raccontato di aver viaggiato parecchio, di aver visto posti splendidi, di aver stretto numerose amicizie più o meno significative, di avere avuto qualche relazione più o meno stabile, di aver assistito i genitori in un momento di media difficoltà.
Eppure il suo sguardo era perduto, spento, vacuo, le labbra aride e secche, grandi, grasse, e la bocca vuota di parole; pareva guardarsi perennemente intorno ma non alla ricerca, bensì per semplice esplorazione superficiale, una palpata epidermica e svogliata, una valutazione complessiva del mondo circostante che non richiedesse un eccessivo sforzo, un entrare nel particolare.
E poi teneva le braccia fesse, abbandonate lungo i fianchi, fasciate di camicia costosa (è sempre stata benestante e non ha mai temuto di apparirlo troppo, ma a me piaceva, all'epoca, anche per questa spregiudicata franchezza, che ora forse ho capito essere stata del tutto involontaria): a un certo punto questa impressione si è talmente palesata nella mia mente mentre recepiva sbalordita tutte le vaghe notiziole che mi venivano riportate, che sono esplosa, e le ho chiesto:
"Ma senti, tu come stai?".
Lei ha taciuto, ed è stata a fissarmi come se mi stesse misurando, come se si aspettasse che su di me comparissero simboli e figure a suggerirle una risposta, e quando il mio supporto le è venuto a mancare, s'è tirata indietro una ciocca di capelli crespi che sfuggiva dall'elastico ben stretto dietro la nuca, ha cominciato a vagare con lo sguardo anche sul mio volto, e ha mormorato lentamente:

"Nel complesso, bene".

domenica 13 marzo 2011

Che altrimenti il sangue, il sangue

Il mondo che trema
la gente che corre
il popolo piange
la terra si spezza

si spezza il legame
che tiene unito
il corpo e lo spirito
il gemito si spacca

si spezza nel cuore la mente
che vaglia la morte
l'asse si sposta
l'incubo percuote

si copre la bocca
un urlo mancato
la gente poi cade
il popolo estinto
la terra si bagna
di sangue, di sangue

MIO DIO DOVE SEI DOVE SEI ANDATO
MA STA' FERMO NON TI MUOVERE
SE ANCHE TU SEI CADUTO
LA GENTE CHE CORRE NEL MONDO CHE TREMA PIANGERA'
IL POPOLO NATO DALLA TERRA SPEZZATA
RIMPIANGENDO IL LEGAME SPEZZATO CHE SPEZZAVA
IL CORPO E LO SPIRITO SPEZZATO
IL GEMITO DI MORTE PERCOSSO DALLE BOCCHE
MANCHEVOLI DI URLA DI PAROLE PER DIRTI

MIO DIO STA' LI' DOVE SEI CHE ALTRIMENTI IL SANGUE, IL SANGUE



venerdì 11 marzo 2011

Con il petto in fiamme

Che col sole che ci spezzava i capelli
siamo stati per attimi di ore a guardarci muovere
e la terra ci entrava nelle mani
mentre noi ci rincorrevamo nella luce

su letti di steli di erba e ragnatele bagnate
abbiamo deciso di ripercorrere in carezze il passato
ancora lucente di gemme preziose
come stelle diurne controluce ci accecavamo

del nostro corpo spaccato a metà, ancora
fino alla prossima volta che ti stringerò implorando
di non lasciarmi andare

perchè il mio senso dell'orientamento
si sta perdendo e io non so dove sono
ma tu sei qui con me e va davvero meglio

perchè il sole si tinge di rosso e muore in silenzio
affogando nella terra che si bagna del sangue
ma la luce rinasce pulsando distante

perchè i giorni si rincorrono e il tempo è incerto
l'erba si piegherà e le ragnatele andranno a fuoco
ma io fra le tue braccia finalmente mi sento

perchè il mio cuore andrà a fuoco e
i capelli bruciati hanno un odore intenso
ma mi piacciono i tuoi contorni lenti nel sudore
e le tue urla infrante fra spogli rami.

sabato 5 marzo 2011

Ma io vado, ma io rimango.

Faccia da febbre.
Sciarpe scarmigliata.
Scarpe con le doppie punte.
Deliri traumatici.
Caldo alle guance.
Uscire fuori a bere.
Entrare dentro a comprare le sigarette.
Fumare e sentirsi
un polmone scoppiare.
Faccia da febbre.
Faccia da febbre.

Lei, signore: mi faccia da febbre.

mercoledì 2 marzo 2011

La notte del cacciatore.

La Paura si staglia                                             La Preda impaurita                
fra i corpi degli alberi                                        sta nuda al lago
li sfiora li prende                                               rivolta la fronte
per avere un odore                                           lo sguardo disperato

E s'accosta alla luna
nel lago riflessa
contando le foglie
imperfezioni lontane

Non l'acqua s'increspa
il corpo immergendo
tutto è avvolto
dall'acqua più calma

La luna vicina 
la tiene lontana
la pelle s'accende
la voce si leva

Voglio far loro sapere
che quel che ho fatto
è sbagliato

La mano si taglia                                  I capelli annodati
La testa s'affonda                                 Le dita spezzate
La voce
La luna

Voglio far loro sapere
che quel che ho cercato
è sbagliato

L'acqua si spacca                         Le fronde incrinate
La boscaglia trema                       Gli argini sfondati
La volta notturna                           si sfa
La luna                                         è lontana

Voglio far loro sapere
che quel che ho visto
è sbagliato

La sorte sogghigna                          Il satiro geme
La voce del lupo                             Il volere divino
La vecchia sudata                            si desta
La luna                                            è esistita

Voglio far loro sapere
che l'ora in cui nasco
è sbagliata

La preda                                      La ninfa
L'amore                                       La Moira
La causa                                      L'emozione

La Paura di bosco odorosa
ad occhi sbarrati trattiene
la luccicante visione
La Preda è spezzata nel lago
nelle foglie cadute nel lago
nel riflesso della luna nel lago
nella bocca un urlo incastrato

Voglio far loro sapere
che nessuna luna si trova
nel lago
che nessuna luna si vede
nel lago
che nessuna morte coglie
nel lago

che la luna è morta
nel 
lago.