martedì 12 aprile 2011

Ordinary teenagers.

Stavamo fumando così tanto che non si riconosceva più il grigio delle pareti da quello della cappa morbida di Golden Virginia esalante dalle nostre bocche umide.
Pochi minuti prima avevamo finito di studiare, di discutere su Bela Lugosi, sul protojazz, sui conti e marchesi, sulla politica, sul sesso, sulla zoologia, su amici in comune, ora avevamo un cielo di primavera tutto per noi su un soffitto bianco intonaco, non ci importava di essere chiusi in casa, su un letto vecchio e circondati da libri di scuola; il rumore del caffè che sale si sentiva attraverso la porta chiusa, aspettavamo con gli occhi lucidi e rossi, abbracciati stretti e freddi, aspettavamo.
Si ascoltavano i Nouvelle Vague senza saper bene cosa pensarne, perchè non riuscivamo a smettere anche se fanno musica strana, stuzzicano capolavori del passato in cover un po' così e tutto il resto, ma non siamo riusciti a smettere di ascoltare la loro versione dei Bauhaus fino a quando non ha cominciato a piovere in quel modo così improvviso.
Ci siamo spaventati, scossi di dosso l'apatia per correre al vetro e guardare, guardare. Non abbiamo fatto più nient'altro per i dieci minuti che è durata la scarica di gocce.
Sembravano volersi scagliare su di noi con una violenza indicibile, volerci colpire, ributtarci a terra, spalancarci bocca e occhi, muoverci: potevo leggere le mie stesse percezioni nei suoi occhi mentre andava a chiudere lo stereo.
E poi è spuntato questo cielo pazzesco e noi si stava ancora, nel più completo silenzio, a fissarlo riflesso nelle finestre della casa di fronte, ricoperta di graffiti nella zona suburbana dove abita, gonfia di ribellione e pugni in tasca.
Grazie a dio abita a un piano alto, perchè quelle nuvole miste a vene di sole, così vicine, così massicce e accoglienti, ci hanno spaccato i fragili specchi di feticci adolescenziali dagli occhi.
Poi certo, abbiamo ricominciato a parlare, a dire cose vaghe, a sparare sentenze, ma era diverso: non ero più solo io a sentire quel disagio, quell' inappetenza, quel cattivo odore di assenza e vacuità.
C'era la condivisione di una consapevolezza: che in un pomeriggio ci stavamo alienando per bene, in questo pomeriggio i nostri diciassette anni ci pesavano sulle magliette di rockband incattivite quasi quanto i Nouvelle Vague ci pesavano nelle orecchie.
E' estremamente interessante che in quel momento non riuscissimo a smettere di ascoltarli, è estremamente interessante che per quanto tempo passi, per quante parole si sprechino, pare che non smettiamo mai di avere diciassette anni.

Oh, Bela Lugosi, I'm dead, I'm dead, I'm dead..

1 commento:

  1. Ma sbaglio o il Golden Virginia è infumabile?

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