domenica 16 ottobre 2011

Quanti di voi credono dunque nella Magia?

Il Folletto è vestito con lacere vesti di inconsulti colori
e grida e danza con la Pazzia a tirargli i capelli.


Mi porgo a voi
come lieto folletto
e vi pongo poi
l'astuto trabocchetto:
Quanti di voi ammirano
gli scherzi incantati del Mago
e serrano il palmo invano
per carpire un segreto vago?
Quanti di voi credono
non nel Concreto sia il Vero
e se folli ed illusi li dicono
ridono e chiedon: "Davvero?"
In alto le mani, scopritevi il petto!
Fieri urlate: "Son io, son io!"
Per voi sono il lieto folletto
a quegli innocenti è gioioso l'addio

Il Folletto si fa serio e si ricompone, passandosi una mano fra i capelli.
Pare pacatamente eccitato.


Amici, compagni, miei simili belli
perdono vi chiedo
per questi inutili orpelli
e tra voi (pochi!) mi siedo.

A voi (pochi!) rivelo l'arcano:
presentare vi voglio il Mago!
egli vi attende in buia stanzetta
andiamo, in fretta!
freme e vi vuole svelare
(solo a voi, compagnia ideale!)
il vago segreto del Concreto, del Vero
solo per oggi obliare
il suo, il mio, il vostro Credo..

Il Mago siede al buio, ad una scrivania fiocamente illuminata da una lampada a petrolio.
Il suo sguardo è penetrante nell'oscurità, e nel suo volto incavato si legge una grande agitazione.


Ho levato il trucco
ecco. Questo è il mio viso.
E controllate le mani, avanti!
son vuote e screpolate.
Mi riconoscete lo stesso?
Sono il Mago, già
come fui e sarò:
l'Oggi mai lascia tracce.

Tante volte voi (pochi!) eravate
di fronte a me, come oggi, così
ed a ogni mio gesto voi tremavate
e con respiro spezzato e trattenuto
attendavate solo ch'io vi facessi Credere..

La vostra vita non l'ha fatto;
non v'ha convinto com'ero solito io

che ci fosse dell'Altro
- inevitabile Altro!-
dal dolore e dalla sofferenza

che il Vero a voi si celasse
ed io l'avessi catturato
col trucco, il cilindro
facendolo poi librare in improvvisa colomba

che il Vero io vi sussurrassi
e voi vi prostravate
a orecchie tese
imploranti e fiduciosi..

La voce del Mago si spezza.

Ecco io avevo un Sogno
nel cassetto nero
che certe notti sobbalzava
e sbatteva nel comodino
secco e terribile
ma mai l'ho voluto sognare..
Fintanto che stava rinchiuso
non ero simile vostro
o meglio, lo ero: credevo!
e certe notti ridevo, ridevo..

La voce del Mago si fa terribile e seria all'improvviso.

Il Vero è morto in un vicolo
e giace sotto le sottane
di una vecchia puttana sfatta
che gioca coi capelli luridi
e urla quando sente fra essi
estranea mano che tira.

La Pazzia tormenta la carogna del Vero
danzandoci sopra e pisciando
sul muro dove poggiano i vostri figli
sconvolti dalla Morte del Vero.

Il Sogno è Concreto
e compone la vostra mente
- la nostra - siamo dannati
come loro, più di loro,
e più ancora i nostri figli
che non posson nemmeno morire!

Il Mago stravolto dal terrore si alza e rovesciando la sedia
batte i piedi a terra mentre si allontana, e urla, e urla

I Sogni, il Credo, il Vero!
Cos'ho fatto, cosa sono
costretto a fare
vedendo con questi occhi
spalancati e lucidi occhi
Che volete da me adesso?
Non può non esser bastato
tutto questo Sogno, questo Credo, questo Vero!

Cala il silenzio e la compagnia riunita di illusi sta immobile ed agghiacciata, tutta protesa verso le ultime gride del Mago.
Alcuni hanno lacrime sulle guance, altri si toccano i capelli, come a controllare..
Da lontano ancora si odono suoni di sonaglio e l'acuta voce del Folletto che annuncia:


Quanti di voi credono dunque nella Magia?

sabato 15 ottobre 2011

Mi sento prudere l'anima

Mi sento prudere l'anima
ma non abbastanza
da starnutire una bella poesia.

Sarà che amo gli assenti
che adesso sono ovunque
- ancor più se hanno
i calzini tirati fino al polpaccio
e le scarpe a punta col tacco.

Li amo tanto perchè sono assenti
quanto più POSSONO e io NO
e la loro NON presenza è piena di
NO   NO   NO   NO   NO
come battono i tacchi sul pavimento
che segue una prospettiva perfetta
tenendoli lontani, gli assenti.

Sarà che li amo,
ma adesso SONO ovunque
e quando gli assenti SONO
io mi sento prudere l'anima
ma non abbastanza da starnutire
una bella poesia
NO   NO   NO   NO   NO.

mercoledì 12 ottobre 2011

Baciandomi

Baciandomi
dovresti sentire un gran dolore
- da labbro a labbro
sentendomi

sulla bocca invece
si spargono fiori
- a fior di labbra
morire di me.

sabato 8 ottobre 2011

8 Ottobre.

Il pavimento era blu e di gomma, le pareti proseguivano nel blu e dopo un breve stacco beige terminavano in un classico bianco ospedaliero.
La luce era gialla, gialla nel verso senso del termine, e sebbene fosse primo pomeriggio avevo la sensazione che fuori fosse notta fonda, e che io e le altre dieci persone sedute tutte in modo scomposto fossimo dei rifugiati molto tristi.

La cosa strana è stata sentire il mio più equilibrato umore mutare subitaneamente dopo cinque minuti in quella stanza. Dopo due ore, non sentivo più niente.
Ero come annichilita sul posto ad attendere lo scorrere del tempo, che sembrava di una pigrizia incontenibile.
Ho provato a leggere, e dopo poco ho messo via quasi con disgusto il libro, con un sentimento di inedia e sgradevole agitazione nel petto.

Il personale mi ricordava un ammasso di formiche impigrite dall'estate che proseguivano sul loro moto rettilineo uniforme verso le varie occupazioni; il dottore una cicala interessata con due grandi baffi al posto di un più umano sorriso mi ha posto delle domande appositamente rivolte per ottenere un' unica parola di risposta.
Toccandomi il ginocchio, mi fece sentire tutt'altro da esso, come se stesse toccando dinanzi a me qualcosa di mia proprietà da cui mi giungevano lentissimi echi di dolore.
Nessuno è stato cattivo con me, anzi. Semplicemente c'era la più ferma consapevolezza di essere lì per eseguire un dovere da me richiesto, per dare un' assistenza più che mai efficiente alla mia richiesta.

Una piacevole eccitazione mi pervase all'idea di allontanarmi dall'ambulatorio per spostarmi nel laboratorio dove eseguire la lastra. L'unica cosa che desideravo era spostarmi da lì, dovunque ma non lì, dov'ero stata ore a guardare lo stesso punto negli stessi volti, senza riuscire a pensare a nulla, senza sentire assolutamente niente se non sgradevoli percezioni.

Fatta la lastra, mi è stato chiesto di attendere fuori dalla porta del laboratorio.
Riuscivo a non sprofondare nello stato di prima unicamente perchè c'era un abissale silenzio ed ero davvero sola.
Ma dopo poco arrivarono due infermieri trasportando una barella, e prima di andarsene via in fretta la posizionarono esattattamente di fronte a me.
Sopra c'era un uomo che poteva avere la stessa età di mio padre. Aveva un grosso taglio sulla fronte e una fasciatura che gli circondava la nuca. Stava steso immobile a fissare davanti a sè.
Eravamo in due nel più completo silenzio.
Dopo poco, lentamente, lui spostò gli occhi sul mio viso, e lì li fermò.
Il suo sguardo era grigio e pieno, intenso, completamente abbandonato sul mio volto, aggrappato, come se dipendesse dai miei lineamenti.
E nel più completo silenzio due lacrime si formarono al bordo di quegli occhi e inesorabili scesero solcando le guance.
Faticavo moltissimo a sostenere lo sguardo, non sapevo cosa fare. Mi sentivo proiettata verso lo sguardo di quell'uomo, volevo capirlo, dire qualcosa, fare qualcosa, comunicargli qualcosa, mi sentivo malissimo.
Dopo quello che mi sembrò tantissimo tempo lo portarono via, e lui mi fissava ancora mentre veniva trasportato nel laboratorio.

Quando sono tornata su tutto il tempo sembrava improvvisamente accelerato.
Non riuscivo a smettere di pensare a quell'uomo, e a chiedermi perchè si fosse messo a piangere.
Ho chiesto a mio padre di venire a prendermi, e alla sua domanda su come mi sentissi, ho provato a chiedere il suo parere sulla scena. Mi ha risposto: "Forse anche lui ha una figlia che è stata male".
Ho chiamato la mia migliore amica per rassicurarla e mentre le raccontavo l'accaduto, piangevo impercettibilmente.

martedì 4 ottobre 2011

Come un' alba

A M.T. e la sua delicata sensatezza.

Come un' alba
voglio morire
almeno provarci.

Se poi su me stessa
ripiegando non troverò
la luce che cercavo

perlomeno con le dita
bianco e rosa lascerò
sul tuo petto
contratto nell'addio.

Su te stesso ripiegando
m'affogava il grande buio
cieco da ogni parte

e cerco in profondità
la vita più stretta
vorrei soffocarne
così almeno provarci

voglio un' alba
per morire.

domenica 2 ottobre 2011

Ci sommerga la pioggia di fuoco

Ci sommerga la pioggia di fuoco
e gemiti gonfino l'aria
trasudi la stella di sangue
e il cielo s'accartocci in fiamme

noi accettiamo il prezzo da pagare
per essere nati avvolti dai sensi

e ovunque volgiamo lo sguardo
ci giunge un languore tremendo
e pare quasi di sprofondare
fra le carni d'un cupo abisso

quando suona l'ora del dolore
noi leviamo lo sguardo in fervida attesa

Mangiaci, demone, mangiaci!
fintanto che a stento si reggono i polsi
che spingono il mondo
ancora, più in là

sbrana per prime Memoria e Coscienza
perchè noi non meritavamo tutto questo.