sabato 30 ottobre 2010

Ballerini cosmici

E per un istante
azzurro,arancione e rosa
hanno danzato fra le nuvole
per te, che sei un passante.

Se la notte mi sei appartenuto
in un secondo loro
ti hanno stregato:
competere non avrei potuto.

I loro veli da ballerini
più naturali, mistici e afasici;
scettici e plastificati,
meno seducenti gli stracci miei ferini.

Maledetta sia la nube che ha deciso
che in questo secondo un altro era il suo posto
dov'era poi stanotte, che col mattino
la mia illusione ha ucciso?

Non ti posso più ammirare,
in vapore mi sento trasformare,
ma tu, mio cuore, non devi disperare;
grazie a me stanotte i ballerini potrai amare.

mercoledì 27 ottobre 2010

Ero su di un' immensa isola
a pensare, a pensare.
La sabbia mi entrava nelle mani
e stavo lì, a parlare,
a parlare
a voce bassa, nel nulla,
nel nulla.

Ricostruivo la mia vita
con le onde dell'immenso mare,
del mare.
Ed ero sempre più lontana
così lontana
dall'accettare la mia condizione
su di un' isola immensa
lontana.

lunedì 25 ottobre 2010

Le gazze ladre

Le gazze ladre si squadrano
diffidenti.
Le gazze ladre stanno
su un tetto rosso,
due per tegola
si squadrano
per tutto l'autunno.

Le gazze ladre si stagliano
contro un cielo color sangue:
hanno rubato il sole
e lo vogliono portare
(com'è luccicante!)
nei loro rossi nidi.

Le gazze ladre hanno rubato il sole
e lo sanno.
Si squadrano diffidenti:
aspettano la giustizia
di un tramonto invernale.

sabato 23 ottobre 2010

Eden

Viviamo nell'Eden nascosti
e dissetiamoci del vino
che sgorga dai nostri corpi
da corse al sole affaticati.

Ti piaccia questa vita illimitata
e i nostri piedi in gara sulle erbe:
non curarti di quel sanguigno colore,
che invada il tuo ladro volto!
 Tanti ha rubato da me
ebbri sguardi infiniti
il piacere dell'essere..

Viviamo sì nascosti per l'eternità
nell' Eden ch'è il nostro oblio,
l'ignoranza del Grande Mondo in ginocchio
lontano da noi.
Giochiamo, amiamoci serenamente!

E voi ancora non considerateci,
per sempre non svegliateci:
questo sogno, è troppo bello
per imprigionarlo in realtà.

domenica 17 ottobre 2010

Al bambino che ha paura del buio e sparisce al sole che c'è in C. Bukowski

Guarda! li vedi anche tu?
Guarda!
Gli spiriti neri della notte
giocano a poker
fumando sigarette di contrabbando
e bevendo alcol stantio:
eppure la posta in gioco è alta!

Ma non piangere, non avere
paura
se li guardiamo tutti e due
da qui distesi su questo letto
nel buio e soli
non importa che tu sia un bambino
un bambino con i capelli bianchi
che puzzano di whiskey
non importa
se mi abbracci non avremo
paura.

Diamine, che bleff!
Quello col cappello di carta
si aggiudica tutti i miei denti
non ridere, erano la posta in gioco
e ora non posso ridere con te
Come? Cosa?
Dici che sarò
pagliaccia ancora migliore?
Mah, non lo so, vedremo.

Gli spiriti neri della notte
continuano a giocare a poker:
la posta in gioco, quant'è alta!
Sì, l'ho visto anch'io,
lo spirito nero della notte baro
ha un asso
infilzato nel cranio
sotto al cappuccio ampio
non credi sia un'offesa
a questa nostra pura alcova?
Maledetto
si aggiudica tutto il mio amore
tutto
Mi guarda ridendo
e se lo getta sotto i piedi
No, non ti arrabbiare
Dio sa
sta meglio lì dov'è.

Ti sento tremare,
vuoi stringerti a me?

Gli spiriti neri della notte
continuano a giocare a poker
e perchè ora gridi?
perchè stai scalciando?
Quello spirito nero della notte
ha fatto l'All in
Non ricordo la posta in gioco
in cosa consista
ma è alta, è veramente alta
Scala reale!
Dev'essere fortunato
ma non gridare, senti lui com'è
silenzioso!
Ah.

I sogni erano in gioco.

Il sole è un'onda bagnata
sto stringendo lenzuola madide
di sudore pallido
gli occhi sbarrati
l'anima stretta al collo
Gli spiri neri della notte
due pacche sulle spalle
l'ultima sigaretta
se ne sono andati
I sogni erano
in gioco
Potrei ancora diventare
astronauta, gatto
ginecologa, artista
cuoca, spazzina
sedia, cantautrice
prostituta, giocoliera
maestra, portinaia
francese, vagabonda
mamma, regista
disperata, commercialista
ma non sarò mai
una poeta
e diamine,

a quello ci tenevo.

giovedì 14 ottobre 2010

Il poeta triste

C'era una volta un poeta che era davvero molto, molto triste.
Ogni giorno scriveva tantissime poesie sulla sua tristezza, e poi le metteva fuori dalla porta in mucchi di fogli.
Così al mattino la gente passava e li raccoglieva, e considerava il poeta triste il più grande poeta di tutti i tempi, perchè tutti sapevano a memoria le sue poesie sulla sua tristezza, e le scrivevano sui muri, e se ne parlava nei bar, e nelle scuole.
Il poeta triste era triste perchè le sue dita non si macchiavano mai dell'inchiostro nero con cui scriveva le sue poesie, e aveva tutta la pelle bianca: infatti tutti credono che la tristezza sia nera, invece è bianca, bianchissima, tanto che acceca chi la guarda e dopo non si riesce per un sacco di tempo a vedere più niente di niente.
Insomma, il poeta triste era sempre molto triste.
Un pomeriggio si addormentò sul divano, e dormì per moltissimo tempo.
Quando si svegliò, fuori dalla finestra era tutto bianco, ma nel suo soggiorno c'era un tappeto che non c'era mai stato.
Era davvero un tappeto bruttissimo: tutto nero, informe e pieno di bozzi e nodi.
Il poeta triste non riusciva a smettere di guardarlo e di pensare che era il tappeto più brutto che avesse mai visto, tanto che decise di disfarlo e provare a renderlo più bello, dato che doveva per forza stare nel suo soggiorno.
Per intere notti e interi giorni strattonò e strappò, tirò e snodò, tagliò e sfilacciò: per intere notti e interi giorni tinse ogni filo del tappeto con quanti più colori riuscì a trovare; per intere notti e interi giorni ricucì e tesse affinchè il tappeto bruttissimo diventasse bello liscio e soprattutto il più variopinto possibile.
Non scriveva affatto, e se per alcune notti e alcuni giorni la gente passò a controllare se fuori dalla porta ci fosse qualche foglio da raccogliere e ricordare, dopo un po' di tempo si stufarono, e il poeta triste venne dimenticato, come ci si dimentica qualche volta di ricercare ciò di cui si ha bisogno.
Nel frattempo il poeta era diventato molto vecchio, ma arrivò il giorno in cui finalmente finì il tappeto.
Era diventato un tappeto davvero meraviglioso, come non se ne sono mai visti: sembrava fatto di mille soli e mille giornate azzurre, e di mille raggi di luna e mille crepuscoli caldi al tempo stesso.
La trama sembrava raccontare una bellissima storia d'amore, e al tempo stesso portava a ricordare i giorni in cui si combatte contro l'odio.
Per non parlare poi di quanto era liscio, e fluido: sembrava quasi un liquido, un elisir di lunga gioia.
Il poeta lo guardò con orgoglio, e si rese conto di non essere più il poeta triste, ma il poeta più felice del mondo. Così decise di condividere con tutti il suo tappeto, perchè ormai non è che dovesse più stare per forza nel suo soggiorno.
Solo che la porta, dopo così tanto tempo, si era arrugginita, e non riuscì ad aprirla.
Allora andò alla finestra, e sciolse in tantissimi fili il suo tappeto, affinchè ciascuno potesse averne uno solo per sé: ma quando spalancò la finestra, fuori era tutto talmente bianco che venne accecato e gli sfuggirono fra le dita tutti quanti.
Quando riuscì a tenere un po' gli occhi aperti, e si guardò le mani, accadde una cosa incredibile: non si accorse che non stringevano più nulla, bensì che aveva le dita completamente ricoperte di migliaia e migliaia di colori, a furia di tingere ogni filo del tappeto.
Così il poeta non più triste si mise a ridere fortissimo, e si dimenticò come smettere di ridere, e dato che era davvero molto vecchio, morì, col sorriso sulle labbra, che pure erano colorate come tutto il resto della pelle.
I fili invece erano caduti ovunque: sulle strade, sugli alberi, sui letti nelle case, sulle scuole, sui tetti, sui palazzi dei governi, sugli scioperi, sugli uffici, sulle televisioni e sui sogni, e nel bianco che c'era dappertutto si notavano moltissimo: ma la gente non aveva più bisogno della poesia, e non se ne curò.
Solo gli amanti, i pittori, i bambini, i musici, i filosofi, gli insegnanti, i cantastorie e persino gli stessi poeti si chiesero a lungo cosa fossero, e piano piano li raccolsero tutti: quando li facevano scivolare fra le dita, gli amanti s'ispiravano, i pittori vedevano immagini dolcissime, i bambini cominciavano a cantare, i musici a comporre, i filosofi a sorridere, gli insegnanti a fantasticare, i cantastorie a girare per le città, e i poeti a pensare.
Così ognuno di loro prese l'abitudine di avere un filo tutto per sè.
Ma io adesso sento che è arrivato il momento di smettere di raccontarti questa storia, perchè mi sembra proprio di aver perso il mio.

sabato 9 ottobre 2010

Il paradiso in terra

L'inferno si stiracchiò
le braccia alte sopra la testa
e furono i raggi del tramonto
della mia esistenza.

I laghi blu profondi
tremarono sotto i miei piedi
e furono le lacrime
sul mio viso.

Le fronde degli alberi
si piegarono al vento dolente
e fu la paura
nelle mie braccia, nelle mie dita.

Poi il cielo si squarciò.

Le nuvole si ruppero e la terra si sbriciolò
in mille diamanti.

Gli animali corsero al riparo
urlando "E' il PARADISO!"

E io non seppi assolutamente cosa fare.

mercoledì 6 ottobre 2010

E poi, nessun suono

Ti ho solo visto
passeggiare lontano così
eppure scorre ora vicina
una nostalgia amara.

Paragoni e ironie
sono sintomi di malinconia:
i tuoi passi rieccheggiano
ancora, là dove la tua voce
è silenziosa.

Credevo che Amore
fosse un gran chiacchierone
e insomma mangiandosi le unghie
da queste parti urlasse sempre.

Ma se pure sono sì tappate
le mie orecchie, io sì sorda,
nonostante i sensi diversi
che pare tutto abbiano silenziato,
ancora posso vederti passeggiare
negli angoli della mia mente.

lunedì 4 ottobre 2010

Termometro a 39.94

Mi mangi da dentro
da dentro mi scaldi
Sei madre terribile
di ore infinite.
Il sudore sulla fronte
son le lacrime che spendi
la tua testa sulla mia
a tenermi la mano
sulla fronte umida.
Gli occhi più rossi
i piedi più freddi
mostri popolano le mie palpebre
e sogni non vedo
me li copri con i tuoi discorsi.
Vorrei dormire
ho tanto bisogno di dormire
e tu mi parli
a voce altissima
mi dici che ho ragione
che ho sempre avuto ragione
e che la prossima settimana
non sarà così
Ma ti scappa da ridere
tu già lo sai
non ci sarà
nessuna
prossima
settimana.

Adesso mi baci
sulla fronte umida
e un vago senso di rimpianto
nel petto
mi lasci.

Stanotte sono sul punto di volare

Ancora una possibilità
di diventare Vivo
ti offre il mondo
stuzzicando il tuo ego ferito.
Corri fino a incontrare
d'Ercole le colonne:
i confini di un infinito
che ti spezzerà le gambe.
Prova a diventare
ciò che brami essere
Continua a tentare
c'è ancora una maledetta possibilità
di diventare Vivo.