lunedì 16 luglio 2012

Estratto


Sono andata in un angolo di questa città, fatto di sputi di sassi, lembi di cielo e una lingua di mare. So che non ci viene mai nessuno, si prova disagio ad essere piccoli in tanta sconfinatezza.
Appoggio il mio corpo nudo su un sasso per volta, come bruciano, lasciano la loro impronta sulla mia pelle, incavandola, invadendola. La canicola mi morde ginocchia e seni, le sono più vicini. Verso il sangue bollente che esce a fiotti in questo mare, la grande arteria del mondo.
Pesci che nuotano intorno, corifei di un rito di iniziazione. Lascio che il sole mi accechi fissando un punto sopra di me che si avvicina lentamente, finchè non mi entra nella pancia tesa, invadendomi i muscoli.
Dura solo qualche istante ma ritrovo il sentimento di me, estraneo ad ogni altro frammento di Anima chiamato uomo, ed in questo silenzio sfumato dal ronzio delle correnti marine, quest'azzurro terso come una palpebra pronta ad avvolgermi così come sono, questo Sole che mi acceca, come una novella Tiresia malinconica ed onnipotente, ecco che qui sono la pace disarmante, il battito appena percepito, il respiro profondo: la guarigione da ogni mio malessere.
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Una volta tornata in me, fuori, asciutta, in alto, via dalla scogliera, dall'azzurro, dal gabbiano intristito, ho ricordato tutto, che odio questa città e che qualsiasi città odia me, che il mio corpo si ribella al mio sentire e non mi sento nemmeno respirare.. Cosa mi è rimasto se non quell'amaro dubbio di aver sempre, ancora una volta vissuto tante menzogne.

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